
di ARIANNA FINOS
E' morto a Roma il decano dei critici cinematografici Gian Luigi Rondi, aveva 94 anni. Era stato direttore della Mostra del cinema di Venezia, era Presidente a vita dell'Accademia del cinema italiano. Mattarella: "Scompare un uomo di grande raffinatezza culturale"
ADDIO a Gian Luigi Rondi, il decano dei critici con il sorriso sempre pronto e l'inconfondibile sciarpa bianca felliniana. Aveva novantaquattro anni e ha attraversato da protagonista la storia del cinema e del nostro paese, scrivendo fino all'ultimo le sue recensioni. Si è spento ieri notte, nella sua casa romana.
Non ci sarà una camera ardente, per volere dello stesso Rondi. I funerali verranno celebrati sabato per per attendere l'arrivo dei figli Joel e François-Xavier che vivono in Francia, dei nipoti e del suo amato pronipote Massence.
Era presidente a vita dell’Accademia del Cinema Italiano e dell’Ente David di Donatello, che ogni anno assegna il più prestigioso premio cinematografico italiano. All'ultima edizione dei premi aveva detto "Io i David li faccio dal '58, quindi da sessant'anni. Ero un giovanetto quando ho cominciato a occuparmene. Ogni anno abbiamo rinnovato l'elogio e la difesa del cinema, soprattutto italiano, perchè il mio amore e la mia vita sono il cinema, ma soprattutto il cinema italiano. E questo spero che continueranno quest'opera anche i miei successori. Perchè eliminare dai nostri amori il cinema sarebbe un gravissimo errore".
Rondi aveva accumulato nella lunga carriera una impressionante lista di onorificenze: tra le più prestigiose, quelle di Cavaliere di Gran Croce e Grande Ufficiale della Repubblica Italiana e Legion d'Onore di Francia.Dal 1993 al 1997 era stato presidente della Biennale di Venezia, Presidente della Fondazione Cinema per Roma dal 2008 al 2012.
La sua prima recensione, nel 1947, la raccontava a Simone Casavecchia, autore del bel libro Rondi visto da vicino: "Nel '47 i film americani iniziavano ad affacciarsi di nuovo suoi nostri schermi. Vidi Maria Antonietta, di cui si sapeva solo che la protagonista, Norma Shearer, era stata premiata a una Mostra di Venezia. Non ho più riletto quella recensione, anche se le conservo tutte raccolte in un volume, da allora ad oggi, ma credo di ricordare rilievi solo contenutistici, allora non avevo imparato a occuparmi soprattutto della forma. Chiedo Scusa al mestiere di critico".
Fu testimone del fermento, quello nel Dopoguerra, che caratterizzò il teatro e il cinema nel nostro paese. L'arrivo di autori nuovi: Rosselini, Visconti, De Sica. Il giovani critico aveva iniiziato a frequentare gli attori, specie quelli dell'accademia d'Arte Drammatica, Nino Manfredi, Vittorio Gassman, poi Mastroianni. All'inizio i grandi autori invece non rispondevano alle sue telefonate. Visconti, che era parente di suoi parenti, gli recapitò un biglietto di invito sul set ad Acitrezza di La terra trema. Fu un'esperienza intensa "Io e Luchino tornammo indietro a Catania insieme. Mi parlò del progetto, delle difficoltà finanziarie. Di altri due episodi che poi non sarebbe mai riuscito a realizzare". Fu la nascita di un'amicizia. Seguiranno quelle con Anna Magnani e quella, longeva, con Gina Lollobrigida.
La prima volta da critico alla Mostra di Venezia nel 1948. Vent'anni dopo, nel '68, era nella Commissione esperti, direttore il socialista Luigi Chiarini. "Per tre giorni la mostra fu bloccata, con terribili polemiche tra Chiarini e Zavattini, Bertolucci e Zavattini, Pier Paolo Pasolini teneva una via di mezzo, ma alla fine era con i contestatori". Nel '71, qundo viene nominato commissario della Mostra, viene scortato dalla Digos, ma non si replicherà il caso del '68 quando Chiarini per arrivare al Palazzo del cinema assediato aveva dovuto usare un passaggio sotterraneo dall'Hotel Excelsior. Qualcuno ne chiderà poi il licenziamento per aver inserito il film I diavoli alla mostra di Venezia". Tra le altre scelte discusse nelle edizioni in cui è direttore, quella di escludere dalla selezione il film Velluto blu di David Lynch, interpretato da una giovane Isabella Rossellini.
Addio a Rondi, amico delle star italiane dalla Lollo a Fellini
















Fin dagli anni Cinquanta Rondi oltre che critico è sceneggiatore e regista. Collabora con Joseph L. Mankiewicz, René Clair. Firma documentari. Dagli anni Sessanta realizza grandi cicli cinematografici per la televisione dedicati a grandi registi che conosce bene: Visconti, De Sica, Rossellini.
Rivendicava con orgoglio l'essere stato un partigiano e antifascista. Di solida fede democristiana, aveva ricoperto diversi incarichi istituzionali. E affiancato il coetaneo Giulio Andreotti ai tempi in cui è sottosegretario e autore di una severa legge sulla censura. Fedele alla linea "i panni sporchi si lavano in famiglia", frase attribuita a Andreotti a proposito di Ladri di biciclette di De Sica che però Rondì sosteneva l'avesse pronunciata un ambasciatore, da critico di Il Tempo, fece partire la recensione di Le Mani sulla città di Rosi, premiato con il Leone d'oro a Venezia nel 1963, con un definitivo: "No, no, no!". Poi avrebbe raccontato, nel bel documentario Il cinema visto da vicino "quando il film arrivò nei cinema romani, turbato dal contrasto di opinioni che avevo provocato, tolsi quei no". Anzi, raccontava poi di aver chiuso il pezzo con un "Grazie, De Sica".
Nell'arco di una carriera lunga settantanni, si è dimostrato un instancabile vergatore di recensioni, creatore di premi, organizzatore di rassegne. "Sono abituato a fare, l'inerzia mi annoia, mi avvilisce", spiegava.
Le sue giornate si aprivano all'alba con la lettura dei quotidiani, e spesso alzava il telefono per complimentarsi o discutere sugli articoli scritti dai colleghi direttamente con loro. Descriveva la sua giornata tipo "Mi alzo alle sei, scrivo fino alle nove, passo la mattina ai David. Di pomeriggio vado all'Auditorium per gestire il Festival del cinema di Roma. La sera vedo i film per scriverne la mattina dopo. Vita mondana non ne faccio, la riduco al minimo. Chi mi conosce bene dice che le mie apparizione a feste, pranzi o cene consistono solo in una "toccata e fuga". Si era dimesso amarezza malcelata dall'incarico di presidente della Festa di Roma nel 2012: "Mi sento liberato da un peso, mi sono sacrificato per il bene del festival".
Tra le prime reazioni del mondo del cinema al lutto, quella del presidente della Biennale Paolo Baratta che a nome di tutta la Biennale di Venezia, ricorda con rimpianto "Gian Luigi Rondi, che fu direttore del settore Cinema e poi presidente della Biennale stessa, protagonista di tanta parte della storia e delle vicende del cinema italiano, nelle quali operò con grande competenza e grande saggezza".
"Con Gian Luigi Rondi - ha scritto in una nota, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella - scompare un uomo di grande raffinatezza culturale, che ha dedicato, con passione e competenza, l'intera esistenza al mondo dello spettacolo. Critico autorevolissimo e animatore instancabile di festival, premi e iniziative di alto prestigio, ha costituito per decenni un punto di riferimento imprescindibile, a livello nazionale e internazionale, per il cinema italiano".
Queste le parole di Piera Detassis, Presidente della Fondazione cinema per Roma che ha collaborato con Rondi alla direzione della Festa: “Per me è stato un maestro da ascoltare, un grande Presidente da osservare nel lavoro minuzioso quotidiano di relazioni e appassionate ricerche di cinema. Infine è stato un complice di vita e lavoro. La sua grandezza sta nella fede assoluta nella necessità della difesa del nostro cinema, era un raffinato critico dalla scrittura mirabile e un politico arguto. Non potrò mai dimenticare la sua lealtà, la sua resistenza e difesa dell'autonomia di nomina, conclusasi con le dimissioni, nel periodo delicato in cui fu chiesta la mia sostituzione 'politica' alla direzione della Festa. Non solo per questo gli sono grata, ma anche per questo. Addio Gianluigi. E grazie”.
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