dal nostro inviato VITTORIO ZUCCONI
WASHINGTON - Questa è la cronaca di un'enorme delusione e di una grande vergogna. La delusione per un'ennesima speranza sfumata, la vergogna di avere contribuito a crearla. Un'altra "cura miracolosa" contro il cancro intravista in un laboratorio, annunciata dalla scopritore, pompata dagli speculatori di Borsa, strombazzata dai giornali e dalle televisioni del mondo senza pensare si rivela, a pochi mesi di distanza, soltanto un buco nell'acqua delle nostre angosce.
Lo stesso giornale che aveva sparato la speranza in prima pagina, il New York Times, nasconde la delusione nelle pagine interne, in piccolo. La "Brystol-Myers Squibb Corporation" avverte il quotidiano "una delle società farmaceutiche leaders nella produzione di farmaci anti-tumore, ha sospeso le sue ricerche sull'angiostatina, che in quest'ultimo anno aveva suscitato tanto interesse". Un altro miracolo per topi che non salverà esseri umani. Un'altra occasione di prudenza, di umanità e di scetticismo perduta da scienziati e mass media alleati oggettivi nel "complesso scientifico-giornalistico" per macinare scoop, pubblicità, finanziamenti.
Era il 3 maggio dello scorso anno quando la "Grey Lady", la signora in grigio del giornalismo internazionale, l'impeccabile New York Times, aveva annunciato che uno studioso della facoltà di medicina di Harvard, il dottor Judah Folkman, aveva ottenuto risultati straordinari sui topi di laboratorio impiegando una sostanza - appunto l'angiostatina - che bloccava la formazione dei vasi sanguigni che alimentano i tumori, dunque soffocando e uccidendo il male.
L'idea di tagliare le radici per stroncare la pianta non era né sua, né nuova e molti ricercatori, non soltanto in America, stanno lavorando sulla stessa, promettente strada. Ma l'annuncio del dottor Folkman, per l'autorevolezza dell'istituzione - Harvard - per la serietà del "medium", il New York Times e per la sicurezza espressa dall'autore sembrò materializzare l'antica e inestirpabile illusione del "magic bullet", del proiettile fatato che avrebbe ucciso il vampiro del nostro tempo.
Gli oncologi espressero subito interesse e scetticismo. Ma nell'ora della malattia non c'è spazio per cautele e scetticismo. Milioni di pazienti cominciarono a tempestare dal mondo i giornali, Harvard e la piccola casa farmaceutica che sosteneva il dottor Folkman, la "Entremed" di Washington. Wall Street celebrò la "Entremed" e la scoperta del dottor Folkman a colpi di dollari: il titolo della società schizzò in pochi giorni da 30 a 59 dollari, prima di precipitare ieri a 12 dollari. La Brystol-Myers Squibb, una delle grandi multinazionali della farmaceutica, si fece avanti, con i suoi mezzi immensi, affiancando la piccola "Entremed" come partner, a conferma del fatto che - contrariamente ai luoghi comuni - le famigerate multinazionali sono sempre ansiose di mettere le mani su qualunque preparato, protocollo o "cura" abbia qualche promessa.
Come per le altre "cure miracolose" che il nuovo mondo della "ricerca spettacolo" pubblicizza, che i mass media ingigantiscono e il pubblico beve nella sua sete di buone notizie, anche dell'angiostatina e dell'endostatina del dottor Folkman non si parlò più per mesi dopo il primo scoop. Cominciarono test clinici, scegliendo qualche malato fra le migliaia di disperati che si erano fatti avanti, ma non ne sapemmo più nulla fino a ieri, 10 febbraio, fino al comunicato della Squibb: "L'angiostatina non risponde, nella sua forma attuale, ai nostri criteri per i test clinici e abbiamo deciso di investire le nostre risorse in altri esperimenti". In parole chiare: l'angiostatina, per ora, nella sua forma attuale, non funziona. Il principio scientifico può essere efficace, almeno sui topi. Ma la sua applicazione pratica, per le difficoltà di produzione e di sperimentazione di questa proteina, è ancora, se mai ci sarà, lontana.
Fin qui, la delusione, una delle infinite e normali delusioni che i ricercatori devono affrontare nella loro professione tessuta di promesse intraviste che non sono mantenute e di rari, preziosi successi. Ma se questo è perfettamente accettabile, intollerabile è l'empia alleanza oggettiva stretta ormai tra ricercatori assetati di pubblicità e di finanziamenti e giornalisti incapaci di distinguere fra la timida promessa di una cavia e la sola cura che conti davvero, quella efficace e accessibile immediatamente ai malati. Profitti immensi e rapidi vengono lucrati sull'ultimo annuncio di "sensazionali scoperte". Reputazioni vengono costruite. Cattedre distribuite. Speculazioni politiche possono essere organizzate, come dimostrò la tragedia Di Bella. Scoop effimeri sono fatti, per cinismo, per spirito di competizione, se non per interesse: quando apparve l'annuncio della miracolosa angiostatina, si disse che l'autrice dell'articolo, Gina Kolata, avesse già un contratto per un libro insieme con lo scopritore, il dottor Folkman.
Mentre gli azionisti staccano le cedole dei dividendi, i protagonisti della ricerca-spettacolo si godono l'improvvisa, abbagliante notorietà, e i giornali voltano pagina verso lo scoop di domani, chi soffre sprofonda nell'amarezza di un'illusione sbriciolata se non nella condanna di una terapia abbandonata per inseguire un sogno. Ma se di cancro purtroppo si può morire, di impudenza giornalistica e scientifica, fortunatamente per noi giornalisti, non si muore.
(11 febbraio 1999)
http://www.repubblica.it/online/cultura_scienze/folkman/folkman/folkman.html |
|
|
|