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Se faccio capisco. La scuola dei laboratori

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di Fiorella Palomba*
Premessa
Se faccio, capisco è una frase magica che molti hanno utilizzato convenientemente. Faccio riferimento a situazioni che conosco, ma immagino siano molte di più (Museo dei bambini di Washington, Bruno Munari – laboratorio “Giocare con l’arte” a Milano, accademia di Brera). Per altri invece vorrei fosse un monito, soprattutto per ministre e ministri. Li invito, previo appuntamento, nel prossimo Laboratorio di Scrittura per capire che cosa sono la scuola, i docenti, gli studenti quando si offre loro la passione per i saperi agiti.
Un progetto pedagogico
Si è concluso da poco il quinto Laboratorio di Scrittura nella scuola media Carlo Alberto Dalla Chiesa di Roma che ha prodotto come i precedenti un libro presentato pubblicamente nella libreria “Nuova Europa”. Un profilo complesso quest’anno “Collezionisti di parole e scrittori in erba” che ha impegnato docenti e studenti in una ricerca certosina, in un confronto continuo, in un lavoro cooperativoÈ l’esperienza di imparare, di giocare con le parole, di sbagliare e di correggere.
Ho dei riferimenti di rilievo in questa pratica laboratoriale che di seguito desidero ricordare.
Francesco de Bartolomeis (mio professore all’università di Torino) che nel corso di laurea in Pedagogia rivoluzionò la pratica accademica: la lezione seguiva il fare nei laboratori, in collegamento con le realtà istituzionali, artistiche e culturali.
Celestin Freinet, giovane maestro sofferente di polmoni che, reduce di guerra con lesioni da gas asfissianti, per “spolmonarsi meno” inventò alcune tecniche pedagogiche
Il Movimento di Cooperazione Educativa (Mce), associazione di insegnanti che fa proprie queste tecniche e realizza laboratori.
Negli anni ho praticato e potenziato la “pedagogia del laboratorio” incrociandola con un’altra esperienza che mi ha dato strumenti nuovi: la formazione aziendale. Così altri elementi – la motivazione, il patto d’aula, l’organizzazione – sono divenuti fondativi dei laboratori.
Ma, che cosa avviene nei laboratori? Si lavora in gruppo, la lezione che c’è sempre, ma non è la sola modalità comunicativa. Per costruire un “prodotto comunicabile” – sia esso una Candide Camera, un giornale, uno spettacolo o un libro – si lavora per affinamenti successivi. Ciò significa che noi tutti, docenti e studenti, sappiamo di voler realizzare un libro, ma che cosa metterci dentro lo ipotizziamo e lo variamo strada facendo con l’apporto di tutti. Un lavorìo continuo con una doppia attenzione: alla meta, cioè costruire un libro per il lettore e ai passi che si percorrono per raggiungere questa meta. Ad ogni passo si aggiusta il tiro, con una dinamica a spirale.
Cinque parole-chiave
Mi piace riflettere su queste cinque parole che trovano cittadinanza nel Laboratorio di Scrittura, ne sono l’anima. Calamita, Limare, Bottega, Vestito, Emozione.
1) I laboratori sono una Calamita: attraggono esperti e risorse. Ho avuto l’avventura, come dicevo prima, di incrociare De Bartolomeis, frequentare i suoi laboratori e verificare quanto il territorio risponda a una innovazione; a mia volta li ho realizzarli a Milano prima, a Roma successivamente e ho verificato che cosa significa essere Calamita di cultura. A Milano: il teatro dell’Elfo, la Comuna Baires, Bruno Bozzetto, Radio Popolare. A Roma: la Apple, il Messaggero, la Rai per una Candide Camera (a proposito di come la cultura dei laboratori è ancora in grado di trasformare l’apprendimento leggi anche Torniamo a far respirare la scuola).
Il sistema Calamita si è realizzato più volte. L’ultima e più recente è l’esposizione delle quattro campagne pubblicitarie sociali nella stazione metropolitana della Garbatella realizzate lo scorso anno.
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2) Il resto è revisionare, Limare, alla ricerca continua del perfezionamento dei testi. Ecco la seconda parola-chiave. La revisione è una pratica che appartiene ai professionisti della scrittura e necessita di pazienza e riflessione. Alle ragazze e i ragazzi chiedo di impegnarsi e riflettere, anzi rimuginare, non avere fretta e approfondire. Ho indicato un motto festina lente, un meraviglioso ossimoro attribuito ad Augusto imperatore divenuto l’emblema, per volontà di Cosimo de’ Medici, nel XVI secolo, della sua flotta. Monito di ponderatezza per avere successo in mare con la tartaruga, sinonimo di lentezza e prudenza abbinata alla vela gonfiata dal vento, sinonimo di forza d’azione. Poi ancora Aldo Manunzio, tipografo ed editore alla fine del XV secolo, utilizza Festina lente per il suo logo e il suo motto. Insomma antenati eccellenti!
3) In più occasioni ho scritto che nel laboratorio si lavora come nelle Botteghe rinascimentali d’arte, trasferendo i segreti del mestiere agli allievi in modo conviviale. Forse può apparire presuntuoso il paragone, ma in realtà questo accade: si lavora in una ricerca circolare in cui il docente offre le sue conoscenze e le abilità che negli anni ha affinato. Per la scrittura con un destinatario certo questo è fondamentale. L’incipit, le frasi brevi, saper catturare e tenere alto l’interesse del lettore sono pratiche artigiane, sono i “segreti” che desidero condividere.
4) Un testo non è mai nudo ha un Vestito. Il vestito è la forma e la grandezza della pubblicazione, i caratteri del testo, il modo con cui sono distribuiti nella pagina (impaginazione), gli spazi bianchi fondamentali per non soffocare, i titoli, i paragrafi. Le ragazze e i ragazzi nel Laboratorio di Scrittura sono consapevoli di queste tecniche, ma non le usano, il tempo è limitato. Abbiamo progettato comunque le varie parti del libro, abbiamo ipotizzato la gabbia, abbiamo deciso le sezioni, la copertina e poi abbiamo affidato a Nicoletta il compito di impaginare.
5) Emozione è una componente fondamentale del lavoro, dei mestieri di cura delle persone – insegnanti e medici – in primo luogo. È un “contagio” prezioso. Le emozioni entrano in gioco come acceleratori di cura e di apprendimento/insegnamento. Lavorare gomito a gomito docenti e studenti costruendo testi e ricercando le strade più consone e spesso inusuali, crea un rapporto informale (ci si da del tu) e chiama in causa una carica emotiva che diviene motore di conoscenza. Negli ultimi anni, sebbene in situazioni di nicchia, si parla di emozione, anche se Leonardo da Vinci ne faceva riferimento esplicito:“Ogni nostra cognizione principia dai sentimenti”.
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Commiato
Partire dal Fare non significa semplificare, anzi per certi versi aumenta la complessità sia cognitiva che organizzativa. Ma partire dal basso, come si dice in gergo formativo crea una consapevolezza grande.
Dopo questa chiacchierata desidero ricordare lo Stupore dei volti delle ragazze e dei ragazzi alla consegna del loro libro stampato. Questo, credo, è il mio regalo più grande.
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Riferimenti
De Bartolomeis F. «Il sistema dei laboratori, per una scuola nuova necessaria e possibile», Feltrinelli, 1978
Munari B. «Il laboratorio per bambini a Brera», Zanichelli, 1981
Bagni A. «Padri e Valentine» in École, 2011
Poggi I. Bertolucci L., Violini, S. «Emozioni. Un’arma per l’apprendimento», Dipartimento di Scienze dell’Educazione Università Roma Tre, 2004
Testa A. «La trama lucente», Rizzoli 2010
Palomba F. «Comunicare per che cosa e con chi a scuola? Espedienti per passare dalla classe chiusa alla rete», 1994 (in collaborazione con S.Caravita)
Palomba F. «Apprendere con emozione», in Altramente, 2012
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* docente e formatrice

http://comune-info.net/2015/07/se-faccio-capisco-laboratori/

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