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Sulla scalinata del Nuovo Mercato ANDREA DORIA l’immagine di ANNA MAGNANI

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magnani diavu

(riverflash) – Riparte dalle scalinate del Nuovo Mercato Andrea Doria (Municipio I – Roma Centro) il progetto Popstairs per la riattivazione culturale dei contesti urbani attraverso interventi di street art sulle scalinate della Capitale.

Il prossimo 15 giugno, sarà inaugurata una nuova opera, anzi due: Diavù interverrà, infatti, sulla doppia scalinata del Nuovo Mercato Andrea Doria (su Via Andrea Doria), realizzando due versioni (la diva e la donna) della indimenticabile Anna Magnani,simbolo di determinazione, bellezza e amore per gli animali, e grande interprete del mondo del mercato romano, in “Campo de’ Fiori” di Mario Bonnard e in “Mamma Roma” di P. Paolo Pasolini.

Ideato e realizzato da Roma&Roma Srl (Società attiva nella progettazione e valorizzazione nel sottore culturale) e David “Diavù” Vecchiato, tra i massimi esponenti della Street Art e creatore di MURo (Museo of Urban Art di Roma), il progetto è realizzato grazie al finanziamento totalmente privato di Zoetis, azienda leader nella ricerca e sviluppo di soluzioni per il benessere animale; in collaborazione con il Ristorante Pummarè, affacciato sull’ampia terrazza che sovrasta gli spazi del mercato stesso, la Società Nuovo Mercato Andrea Doria srl e il Municipio I – Roma Centro.

Le scalinate, oggetto architettonico spesso dimenticato e vandalizzato, si accendono di nuovo interesse, diventando tele materiche su cui, nell’ideale dell’artista, si riflette l’emblema della femminilità: per la fatica e l’ambizione della salita, la capacità inclusiva, la lungimiranza, la bellezza.

Già finanziato lo scorso anno, nell’ambito dell’Estate Romana 2015, il progetto ha prediletto soggetti femminili “popolari” della cinematografia internazionale, scelti per la loro stretta relazione con il territorio. In quella occasione sono stati realizzati tre ritratti: in via Fiamignano, Ingrid Bergman, che poco distante, nel quartiere di Primavalle, ha interpretato “Europa ’51” di Roberto Rossellini; Michèle Mercier a Corso Francia, per la sua interpretazione de “Il Giovedì” di Dino Risi, la cui ultima scena si svolge proprio su quella scalinata; e, sulla Scalea Ugo Bassi, una giovanissima Elena Sofia Ricci, nei panni di una delle eroine della Repubblica Roma, Cristina Trivulzio di Belgiojoso, – personaggio che ritroviamo nel film di Magni “In nome del popolo sovrano” sotto il nome di Cristina Arquati.

L’iniziativa, che fa parte del progetto Popstairs, è stata sostenuta da Zoetis Italia.

“Abbiamo aderito con entusiasmo a questa iniziativa perché si sposa con quelli che sono i valori della nostra azienda”, afferma Chiara Durio, amministratore delegato. “Zoetis è un’azienda dove le donne sono valorizzate per le loro competenze e che ha scelto di interpretare un ruolo attivo nella vita della città. Non a caso abbiamo scelto di aprire la nostra sede proprio sopra il mercato Andrea Doria, uno dei luoghi di incontro e di scambio più grandi di Roma. Inoltre la scelta dell’artista di rappresentare Anna Magnani con i suoi animali prediletti – il suo gatto e il suo cane – ha rafforzato la nostra liason con il progetto, dal momento che ogni giorno ci impegniamo per la ricerca e lo sviluppo di soluzioni per il benessere animale”.

Zoetis, che è stata riconosciuta nel 2014 tra le prime 10 migliori aziende al mondo per le madri lavoratrici, in Italia ha prevalentemente dipendenti donne e cinque di loro ricoprono un ruolo di rilievo nel leadership team.

Grazie alla collaborazione della Società Nuovo Mercato Andrea Doria srl, sarà applicata una resina protettiva al fine di garantire la conservazione delle opere.




http://www.riverflash.it/wordpress/?p=75613

Come i funerali sono diventati il metro del successo della mafia in Italia

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Di Vincenzo Marino

"Digli di venire al lutto che te l'ho detto io di chiamarli, e che gli regaliamo 10 euro l'uno."È il 2012 quando una delle storiche famiglie delle 'ndrine di Marina di Gioiosa Jonica, gli Aquino, perde un proprio congiunto e ne organizza il funerale. 
La partecipazione, però, comincia a preoccupare: non è ammissibile che un importante clan del luogo ricordi pubblicamente un proprio defunto nel contesto di una funzione praticamente deserta. Non sarebbe rispettoso per il proprio estinto, né indicativo del controllo del territorio.
È allora che Nicola Tassone, suo parente e ritenuto affiliato alla cosca Coluccio, comincia ad arruolare persone per il funerale. "A tutti i ragazzi che vengono a lutto digli che gli regaliamo 10 euro". È quanto emerso dalle carte dell'inchiesta "Acero-Krupi", coordinata dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri, contro l'asse delle cosche della zona Locri-Siderno-Marina di Gioiosa.
Nell'intercettazione, si sente Tassone inveire contro il proprio interlocutore quando gli viene risposto "Chi viene, chi no, tutti a mare," e poi proporre il gettone di presenza "per evitare che la cerimonia funebre venisse boicottata," si legge nelle carte dell'inchiesta.
"Incontrando risposte di primo diniego - continua il resoconto delle indagini - Tassone chiedeva al suo interlocutore di prendere tutti i ragazzi sul lungomare e farli partecipare al funerale a costo di ricorrere alle maniere forti quale ritorsione." Fino ad arrivare all'extrema ratio del 'casting'. 
Tanto impegno affinché la cerimonia sia partecipata e fastosa, a costo di stipendiare una sorta di claque, non può stupire: il significato tutto simbolico portato dai funerali influenza pubblicamente l'onore di una famiglia, la sua rispettabilità locale e i rapporti con gli ambienti della criminalità in generale.
I funerali, così come i matrimoni, o i "San Giovanni" - i battesimi - sono "occasioni importanti per consolidare all'interno rapporti tra le famiglie mafiose e per coltivare, all'esterno, quell'apparenza di normalità e di rispettabilità che esce sicuramente rafforzata dalla legittimazione del rapporto con la Chiesa," spiegava Alessandra Dino, sociologa dell'Università di Palermo ed esperta in devianze e comportamenti sociali della criminalità organizzata.
Celebrazioni pubbliche come quelle dei funerali sono importanti per le cosche "perché i momenti sacramentali pubblici - in Sicilia che è ancora una terra in cui la religione cattolica pubblicamente ha una sua evidenza - sono un momento di riconoscimento pubblico e sociale," ha spiegato a VICE News monsignor Antonio Raspanti, vescovo di Acireale che si è rifiutato più volte di far entrare in chiesa le salme di affiliati ai clan che non hanno espresso pentimento in punto di morte, e protagonista di un'attiva battaglia antimafia sul territorio.
"È un momento di approvazione pubblica, serve per far capire che io sono dentro una società, ne condivido i valori, accreditandomi un ruolo centrale al suo interno."
Alcuni dei casi più esemplari di questo tipo di dinamiche risalgono a poche settimane fa, quando nel pieno centro di Roma veniva celebrato l'imponente funerale dei Casamonica, una delle più importanti famiglie criminali della capitale, durante il quale hanno fatto la loro comparsa una carrozza trainata da cavalli bianchi, un elicottero dal quale venivano lanciati petali di rose, le fanfare con la colonna sonora del Padrino i e cartelloni con il volto del defunto—definito "Re di Roma."
Sempre di settembre, poi, è la notizia del battesimo del figlio del pregiudicato "Ciccio Ninfa," ritenuto vicino al clan Laudani, e celebrato con tanto di manifesti giganti raffiguranti il piccolo Antonio Felice Rapisarda con coppola in testa e la frase "Questa creatura meravigliosa è Cosa Nostra"—due casi che rimandano a quello del funerale di Alessandro Ponzio del 2012, quando il feretro del giovane - ritenuto il "responsabile" di una "piazza di spaccio" di San Giovanni Galermo - è stato accolto da squilli di tromba, fuochi d'artificio e cartelloni esposti per il quartiere, che lo definivano il "piccolo re" di un "impero che non finirà mai."
L'affermazione del carattere pubblico di un'episodio del tutto privato come un funerale o un battesimo rafforzano il profilo della famiglia protagonista all'interno dei giri criminali e del tessuto sociale, e saldano il suo rapporto con la sfera "divina" e istituzionale attraverso il "sigillo" proveniente dalla celebrazione religiosa.
I classici del genere, nella storia della criminalità organizzata, non mancano affatto. È noto il precedente del funerale di Lucky Luciano del 1962, durante il quale il feretro venne trasportato fino al cimitero di Napoli a bordo di una carrozza trainata da cavalli. O ancora, il più recente funerale del boss Vito Rizzuto, tra bare d'oro, macchine di lusso e le decine di notabili delle famiglie italoamericane che avevano affollato la chiesa Notre Dame de la Défense di Montreal, in Canada.
Se il meccanismo è applicabile a tutti i tipi di cerimonie, come visto, diventa chiaramente più simbolico nel caso dei lutti, laddove il rispetto e il cordoglio si trasformano facilmente in ossequio e devozione verso un'intera famiglia, fino ad arrivare - come nel caso della morte del boss Giuseppe Ercolano a Catania - alla pubblicazione di coccodrilli e mesti necrologi sui giornali locali, o alla partecipazione pubblica della comunità al lutto "di mafia"—che nel 2014 ha portato alla chiusura delle attività di un intero quartiere di Palermo per i funerali del boss Giuseppe di Giacomo, secondo i pentiti nuovo reggente del mandamento di Porta Nuova. 
La bara, in quel caso, era stata salutata all'uscita del condominio del defunto da un applauso fragoroso, deposizioni di fiori e dalle insegne della Santissima Confraternita delle Anime Sante.
Non è un caso se, in questo tipo di cerimonie, enorme importanza viene riservata alla forma, agli orpelli, alla maestosità. Nei funerali dei boss, di affilIati di alto rango o di appartenenti alle famiglie, il numero dei fiori adagiati sui piedi del feretro, quello dei presenti, e la 'sfarzosità' dell'evento sono emanazione stessa del potere, declinato a seconda delle forme, delle usanze locali, e del messaggio che si intende veicolare. 
Una specie di metrica del potere e del consenso del clan, che dà il senso della sua presenza locale e del suo "successo."
In casi del genere, come in quello dei Casamonica, l'intenzione è presentare la funzione come qualcosa di epocale, magnificente, per riaffermare la propria supremazia sul territorio, il successo della famiglia di cui il defunto è espressione, e sostanziare la "ultraterrenità" del clan attraverso il rapporto stretto con la religione, persino utilizzando gli stessi codici della liturgia—tanto da da portare alla raffigurazione del defunto, come nel caso romano, in abiti simil-papali. 
Una sorta di mantello dell'intoccabilità, che intreccia insieme potere, culto e 'onorata società'. "C'è chi veramente si nasconde dietro Dio," spiegava qualche giorno fa il fondatore dell'associazione Libera, don Ciotti, a Radio Vaticana. "Si usa la fede come una foglia di fico."
La devozione della comunità attraverso la religione vive di ambiguità e connivenze, le stesse che sono alla base della storia dell'inchino di Oppido Mamertina (Reggio Calabria), quando il carro votivo della festa della Madonna delle Grazie, scortato da una processione capeggiata da sacerdoti e amministratori locali, ha stazionato in segno di rispetto sotto l'abitazione di Peppe Mazzagatti, boss condannato all'ergastolo. 
La stessa posizione della Chiesa, che attraverso le parole di Papa Francesco si è detta sempre più che ostile a qualsiasi tipo di acquiescenza alla mafia, a livello locale è sempre apparsa piuttosto ambigua, fra tacita accettazione, protezione e un rapporto sempre labile fra perdono cattolico e sostanziale complicità.
A Campobello di Mazara - nel 2011 - era stato proprio un prete a chiedere di pregare per tutti i "poveretti" arrestati durante un'operazione antimafia e a invocare il cielo affinché illuminasse "la mente dei magistrati per aiutare questi innocenti che sono in carcere."
Ma malgrado episodi del genere nella cronaca degli ultimi anni non manchino, le cose - tuttavia - sembrano cominciare lentamente a cambiare.
Se dal punto di vista sociologico è difficile che questi eventi possano perdere il loro valore sacrale e simbolico, da una chiave di lettura più 'quantitativa' diventa sempre più basso il numero col quale si contano le occasioni di pubblico cordoglio nei confronti di boss e affiliati, attraverso le ordinanze di Questura, l'opera delle istituzioni locali, e il rifiuto da parte di alcune parrocchie a celebrare "certi" funerali e lasciarsi "inquadrare" all'interno di una cornice criminale, "ripulendo" - direttamente o indirettamente - l'immagine del mafioso defunto.
Qualche giorno fa a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), per esempio, si sono tenuti i funerali di Filippo Barresi, boss della cupola di Longano e figura di spicco della criminalità barcellonese. 
Per volere del questore di Messina Giuseppe Cucchiara è stato annullato il rito pubblico in forma solenne previsto per il giorno dopo nella chiesa di San Rocco, in contrada Calderà. Nessun corteo, nessun applauso, ma un semplice e poco nutrito seguito silenzioso, "scortato" da alcuni poliziotti per ragioni di sicurezza.
Non è la prima volta che decisioni del genere vengono prese da autorità locali: due anni fa, nel gennaio 2013, l'allora questore Carmelo Gugliotta aveva adottato per la prima volta questo stesso provvedimento nei confronti della funzione del deceduto Giovanni Perdichizzi, 41enne, considerato uno dei più grossi emergenti della mafia barcellonese e ucciso in un bar la sera di capodanno.
Alla fine Perdichizi è stato salutato dai suoi congiunti all'alba in forma estremamente ristretta e controllata, con una prassi inedita che ha cominciato ad attestarsi sempre più negli ultimi tempi, e che ha conosciuto casi simili anche in Calabria—dove il 5 ottobre scorso, per esempio, anche i funerali del boss Pantaleone Mancuso si sono tenuti alle prime luci dell'alba su disposizione del questore di Vibo valentia Filippo Bonfiglio, durante una breve cerimonia officiata da un parroco nel cimitero di Limbadi (Vibo Valentia).
Sul tema, precisa monsignor Raspanti a VICE News, "ho semplicemente applicato quello che i codice di diritto canonico imporrebbe quando si parla di casi di persone che si sono macchiate di delitti gravi, come aver aderito a organizzazioni mafiose senza alcun pentimento ravvisato o rilevabile, e con accusa definitiva da parte dello Stato."
La mafia - aggiunge il religioso - è un'organizzazione "antisocialeantiuomoantivangelo: non mi è mai sembrato opportuno mostrare saldature che non ci devono essere. Devono anzi esserci rotture, e devono essere palesi: se una rottura nella tua vita c'è stata e tu non l'hai mai voluta saldare, non la puoi imporre, perché il tuo percorso non è più riconoscibile dalla nostra comunità." A meno che non arrivi il pentimento, "che accogliamo e sanciamo, così come sanciamo la rottura: come Chiesa siamo qui per perdonare, non per giudicare."
Sulla concessione della funzione pubblica e del coinvolgimento della Chiesa, nel 2013 la città di Mazara è stata percorsa da un dibattito pubblico, quando al boss Mariano Agate - ex detenuto del carcere di Viterbo sottoposto a 41 bis e morto di cancro in aprile - è stato negato l'ingresso della salma all'interno della chiesa dal vescovo, monsignor Domenico Mogavero. 
L'episodio ha portato alla stesura di un'indignata lettera pubblica diretta al religioso da parte della vedova di Agate, Rosa Pace. La risposta di monsignor Mogavero, tuttavia, non si è fatta attendere. 
"La prassi ormai diffusa e consolidata di negare le esequie ecclesiastiche ai condannati per delitti di mafia - si legge nella risposta - è il punto di arrivo di un percorso di maturazione religiosa e pastorale, considerata l'assoluta incompatibilità di tali delitti con i principi evangelici e il magistero della Chiesa." 
Un rifiuto che brucia, presso le famiglie di mafia. E che ne rimette in discussione il dominio territoriale.
https://news.vice.com/it/article/funerali-mafia

Neomelodici e digitale terrestre: come la camorra ha occupato le tv napoletane

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Di Vincenzo Marino

Nel maggio di quest'anno, a Napoli, sono state ritrovate delle telecamere wireless nella zona delle Case Nuove, a pochi passi dalla Stazione Centrale. L'indagine che ne è seguita ha portato alla scoperta di un sistema di videosorveglianza grazie al quale un clan della camorra controllava le piazze di spaccio tramite il segnale inviato dalle camere verso le frequenze del digitale terrestre.
In sostanza, chiunque si fosse collegato con un televisore nell'area cittadina, e fosse stato a conoscenza del canale utilizzato per la trasmissione del segnale, avrebbe potuto tener sotto controllo un'intera zona della città utilizzando un normalissimo schermo televisivo.
Secondo un articolo del Sole24Ore, intitolato "Camorra Channel," l'uso di questo innovativo sistema di controllo testimonierebbe un passaggio netto nelle dinamiche criminali del napoletano a favore di giovani e spregiudicati narcotrafficanti, che si servirebbero dell'utilizzo delle nuove tecnologie per espletare il proprio potere sul territorio.
Tuttavia, episodi come questi darebbero anche prova di quanto i clan di camorra guardino con molta attenzione alla gestione dell'etere locale: da anni, infatti, è in atto una guerra per la conquista del predominio mediatico campano, fatta di occupazione di frequenze televisive, controllo del territorio attraverso la propaganda di film e canzoni, la creazione di decine di emittenti radiotelevisive ed etichette discografiche, boss iscritti alla SIAE, estorsioni e frodi a vario titolo.
Così se da un lato può suonare culturalmente peculiare l'ossessione di parte della popolazione locale per la musica neomelodica, o la proliferazione di bizzarre riviste locali come Sciuè Sciuè (l'equivalente italiano di Cioè), decisamente più serie possono apparire pratiche criminali violente quanto ingegnose.
Nell'arco di un decennio, per esempio, si è scoperto che i clan occupavano da anni una cinquantina di canali della cosiddetta "Banda S," una frequenza riservata a Nato e ministero della Difesa, o che trasmettevano in chiaro - e illegalmente - le partite di calcio criptate dei canali satellitari. 
Discorso a parte, poi, meritano alcune emittenti televisive locali, per lo più contenitori di prodotti trasmessi illegalmente, cartomanti, hotline e diffusione a rotazione perpetua di video di star neomelodiche. Telemiracoli, per esempio, tra le tante è stata più volte accusata di inviare messaggi in diretta ai detenuti; così come Campania TV era stata accusata di fungere da base logistica per le rapine, e a Papele TV e molte altre era stata attribuita vicinanza a certi ambienti della criminalità.
In totale - calcolando il risultato della sottrazione abusiva di etere pubblico - questi gruppi sono arrivati a provocare un danno erariale allo Stato di circa 500 milioni di euro, e a creare un "fenomeno apparentemente folcloristico" dietro al quale "si cela un meccanismo di controllo mafioso del territorio"—come spiegava Giommaria Monti, ex direttore del settimanale Left.
Per comprendere il rapporto fra Camorra e media radiotelevisivi, conoscere quali sono gli interessi in ballo, e capire come i clan siano riusciti a scalare indisturbati l'etere regionale, VICE News ha sentito il giornalista e scrittore Alessandro De Pascale, che da anni indaga sulle dinamiche della camorra "editoriale," e sulla portata economica e sociale di questa guerra. Il suo libro, "Telecamorra", ha scatenato indagini della magistratura, che gli sono valse anche delle gravi minacce personali.
VICE News: Come si arriva a utilizzare il digitale terrestre per controllare il territorio?
Alessandro De Pascale: Casi come quello del maggio scorso non sono casi isolati, e hanno ragioni ben precise: è il chiaro segnale di un cambio generazionale. In questo periodo, infatti, in alcune zone della città stiamo assistendo alla faida della cosiddetta "paranza dei bambini," e in questo caso un giovanissimo narcotrafficante emergente aveva cominciato a servirsi di un sistema di videosorveglianza relativamente recente.
I benefici sono immensi: mentre i sistemi che conoscevamo nel passato erano composti di telecamere a circuito chiuso collegate a un monitor dell'appartamento sulla piazza di spaccio, in questo caso - invece - la videosorveglianza passava attraverso un segnale che veniva convogliato sul bouquet del digitale terrestre, e reperibile in un bacino d'utenza molto ampio—possiamo ipotizzare addirittura sull'intera provincia di Napoli.
Quindi se io in quel periodo fossi stato a Napoli, e avessi collegato il mio televisore su quel canale, avrei potuto videosorvegliare quella stessa area che un boss stava videosorvegliando da casa sua?
Esatto, ma bisognava conoscere il canale giusto. Chiariamo una cosa: il digitale terrestre ha portato a una moltiplicazione a dismisura del numero dei canali televisivi. Laddove prima c'era un canale, adesso trovi un bouquet che - a seconda del livello di compressione della banda - può garantire da sei a dodici canali aggiuntivi.
Quando sul nostro televisore facciamo la sintonizzazione automatica, e ci compaiono 400 canali, molto difficilmente ci mettiamo a guardarli tutti, limitandoci al nostro gruppettostandard di canali. E quindi, così come conosciamo il numero dei nostri canali preferiti, così bisognava conoscere le coordinate esatte per poter finire su quei canali di videosorveglianza.
Ma come facevano tecnicamente a collegarsi sulle frequenze e trasmettere?
Questa cosa non è venuta fuori, ed è molto probabile che sia in corso un'ulteriore indagine, un filone d'inchiesta. Il mio primo interesse era capire chi ospitava questo canale: in passato chi voleva trasmettere qualcosa doveva avere una frequenza, creare la propria rete di ripetitori, gestirla, e avere i contenuti da mandare in onda. Oggi invece basta cercare un fornitore di rete e prendere in affitto la capacità trasmissiva—non hai bisogno di avere frequenze, ripetitori e tutto il resto: ti basta avere solo il contenuto da trasmettere e i soldi per poter acquistare la capacità trasmissiva.
È così che nasce la "Telecamorra"?
La cosiddetta "Telecamorra" campana - come l'ho ribattezzata - risale al 2006, cioè quando il governo annuncia l'ennesimo condono dell'etere con anni di anticipo. Il ministro Gentiloni si trova a dover gestire il passaggio inserito anni prima nella legge Gasparri, che in buona sostanza dà il via libera all'assalto delle frequenze.
Il messaggio che viene dato è: 'Sappiate che da questa data in poi inizieranno le trasmissioni sul digitale terrestre, quindi chi a quel giorno si ritroverà proprietario di una frequenza in analogico, se la vedrà riconosciuta anche in digitale'. E considera che la Campania è stata la seconda regione a passare completamente al digitale dopo la Sardegna.
A quel punto parte l'assalto al treno, una giungla che ad oggi ci è costata - come da me accertato - circa 500 milioni di euro in frequenze rubate allo Stato.
Come è stato possibile?
È stato possibile perché la Campania, unica regione insieme alla Calabria, non ha mai redatto un catasto delle frequenze. Questo significa che, sostanzialmente, la proprietà di determinate frequenze poteva essere dimostrata anche solo attraverso atti di compravendita tra privati, in molti casi falsi.
Ho accertato l'esistenza di atti registrati che riportavano timbro e matricola dell'Agenzia dell'Entrate, ma chiaramente fasulli: quando andavi all'Agenzia a chiedere di quel numero riportato sull'atto, veniva fuori che si trattava - che so - della compravendita di un appartamento, di tutt'altra roba.
Grazie a questo sistema fraudolento e ingegnoso è stato possibile creare questo enorme danno erariale e aggredire l'etere, creando una situazione che poi la sanatoria ha congelato.
A cosa si deve questo interesse dell'etere per i clan campani?
Gli interessi della camorra in questo settore sono vari e numerosi. Abbiamo già detto del mercato delle frequenze, che col passaggio al digitale hanno quintuplicato il loro valore. Poi c'è la gestione della pubblicità, che viene adoperata dai clan per giustificare le estorsioni.
Ti faccio un esempio: nel momento in cui un clan va a chiedere il pizzo a un determinato negozio, quel pizzo verrà poi imposto come acquisto di pubblicità. In questo modo riesce a giustificare quell'entrata e a ripulire il denaro che raccoglie.
Ma non solo: a livello estorsivo è certificato anche quello che io definisco l'uso delle "antenne come armi," cioè l'uso dei trasmettitori per disturbare il segnale degli editori legali, che poi erano costretti a elargire lauti pagamenti - o addirittura a cedere la televisione - per far cessare disturbo.
C'è poi la questione dei rapporti con la politica, per gli spot elettorali su radio e tv locali, e quella dei fondi pubblici—dato che con una parte di canone Rai viene ridistribuito ogni anno alle emittenti locali un sostegno alla piccola editoria. E poi c'è l'uso delle radio e delle tv per inviare messaggi a latitanti e detenuti, una cosa che affonda le proprie radici agli anni ottanta.
L'esempio classico è quello di TeleMiracoli, una tv locale che ha fatto scuola in questo settore, e si era inventata la "tv interattiva"—nel senso che tutte le mattine un incaricato dell'emittente girava per la Sanità e andava a vendere le cartelle della tombola. La sera poi c'era la seguitissima estrazione in diretta con premi vari in palio: peccato poi si sia scoperto che la tombola venisse utilizzata per inviare messaggi cifrati ai detenuti di Poggio Reale.
Quando poi le leggi antimafia hanno fatto sì che i boss accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso venissero detenuti in strutture lontane dal proprio territorio di appartenenza, le tv e le radio locali sono ovviamente diventate inutili, in questo senso. E si è arrivati a invadere la sfera televisiva nazionale.
Come nel famoso caso di Quelli che il calcio...
Esatto. Come scoperto grazie all'inchiesta dell'antimafia che ha riguardato Quelli che il calcio, i clan riuscivano a mandare messaggi ad affiliati detenuti su tutto il territorio nazionale inviando innocui sms che venivano trasmessi nei sottopancia durante la trasmissione. Ovviamente la produzione del programma ne era del tutto inconsapevole, così come i telespettatori che non potevano comprende il significato di messaggi che sembravano del tutto innocui.
Bisogna riconoscere il messaggio e saperlo decodificare, come nel caso della radio calabrese utilizzata dai clan di 'ndrangheta, nella quale la trasmissione di un determinato brano musicale o una determinata frase potevano riferirsi l'orario di un appuntamento per un'autista o una partita di droga.
Infine, un'altra ragione d'interesse della camorra per i media è la gestione dei posti di lavoro, in una realtà come quella napoletana dove la disoccupazione supera anche il 40 per cento. Questi piccoli e grandi media group locali creano un enorme indotto tra radio, televisoni, spettacoli e cantanti. Cosa che ci porta inevitabilemente alla questione del "neomelodico."
Appunto. Qual è il ruolo della musica in questo circuito?
Sostanzialmente, col passare degli anni la camorra è diventata anche agenzia di promozione e addirittura casa discografica di cantanti neomelodici. Alcuni boss gestiscono personalmente il giro di certi cantanti, tra promozione e produzione, garantendo un indotto che muove un seguito gigantesco, attiva un intero circuito di radiotelevisivo e funge da "scuola di camorra" per i messaggi che veicola, educando le nuove generazioni al culto dei boss.
Questa moltiplicazione dei canali, portata dal digitale terrestre, ha poi fatto sì che mentre prima ai neomelodici venivano dedicate trasmissioni all'interno di un normale palinsesto televisivo, oggi si possono trovare vere e proprie MTV neomelodiche, che fanno musica neomelodica 24 ore su 24, o trasmissioni con cantanti che rispondono a chiamate in diretta per dispensare consigli o ricevere inviti per compleanni e varie feste private. Anche in questo caso qui parliamo di parecchi soldi.
Poi certo, non sto dicendo che tutti gli editori locali né i neomelodici sono emanazione diretta della camorra, però è indubbio che ci sia una larga fetta di questo mercato controllata dalle famiglie, o che per queste rappresenta un forte interesse. Se a questo poi sommi la questione di una città nella quale la disoccupazione è un problema endemico, alla fine capisci perché per molti la camorra finisce con l'essere ritenuta quasi un'ammortizzatore sociale: attraverso questo impero mediatico, riesce a garantire un indotto impressionante fatto di tecnici, fonici, service audio, studi di registrazione, montatori, attori e cantanti, gente che affitta location per i video.
Quant'è importante in termini di consenso sul territorio l'opera dei clan sull'etere locale, attraverso i neomelodici e in generale il controllo di questi media?Tanto. Negli ultimi anni si è assistito all'arrivo di tutta una serie di film nei quali, per esempio, la camorra e i boss vengono presentati come ripulitori della città, garanti della paxlocale, generosi dispensatori di posti di lavoro—e così anche in testi di canzoni neomelodiche come "L'amico camorrista" o "O' capoclan", tra le più famose. Questo scenario lo paragono spesso a quello dei narcocorridos e del narco-cinema messicani, musica e film prodotti da un determinato cartello della droga per creare consenso sul territorio.
C'è stato anche un tentativo della magistratura di intervenire per istigazione a delinquere, così com'è vietata - in Messico - la messa in onda di alcuni pezzi di autori di narcocorridoper i quali sono dimostrati rapporti diretti con i cartelli della droga. 
È una formidabile macchina del consenso, contro la quale lo Stato oggi non ha messo in campo le giuste risposte per poter riconquistare territorio. Se si sono fatte polemiche per una serie di Sky come Gomorra, sull'istigazione e la mitizzazione di personaggi e atti fuorilegge, puoi immaginare cosa possa provocare - a lungo termine - l'esposizione a trasmissioni, minifiction, canzoni e in generale messaggi come questi presso le nuove generazioni.
Ci sono su Internet dinamiche che possono rassomigliare a questo tipo di meccanismo?
Sicuramente sui social network, su Facebook: c'è stato un caso famoso che ha riguardato ancora una volta i cartelli della droga messicani, ed è un fenomeno accertato che è comunque presente anche in Italia, nella realtà napoletana. A quanto sembra si tratta principalmente gruppi chiusi, eppure malgrado ciò, in alcune indagini, pare si sia risaliti all'uso dei social per comprendere alcuni legami, o per ridisegnare la geografia criminale del posto.
Un altro metodo per tracciare un quadro della diplomazia criminale cittadina è quello di analizzare alleanze e rapporti fra etichette e cantanti neomelodici: i luoghi in cui si esibiscono - per esempio - sono spesso serviti all'antimafia per comprende quali fossero i rapporti tra clan, o come stessero mutando. Se ci pensi, è un altro caso in cui "editoria" e camorra sono uniti. Tanto che c'è chi sostiene che la criminalità in questo settore è talmente diffusa che ormai non c'è praticamente più niente da fare.
https://news.vice.com/it/article/napoli-camorra-digitale-terrestre-neomelodici

La credenza comune della "mafia che non uccide i bambini"è una cazzata

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Di Luca Rinaldi

Nel corso della storia si è cementato un mito: la mafia non uccide i bambini.
La recente vicenda di Nicolò Campolongo, il bambino ucciso e dato alle fiamme insieme al nonno e alla compagna del nonno a Cassano allo Ionio (CS), è la dimostrazione plastica che questo "codice d'onore" non è altro che una leggenda.
Per il triplice omicidio - di Giuseppe Iannicelli, 52 anni, della compagna marocchina Ibtissam Touss e di Nicolò, detto Cocò, 3 anni - lo scorso 12 ottobre sono sono state arrestate due persone: Cosimo Donato e Faustino Campilongo, già in carcere per una indagine per droga. Ai due uomini, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, i Carabinieri del Ros hanno notificato l'ordinanza di custodia cautelare.
Le accuse sono di triplice omicidio e distruzione di cadavere. Il bersaglio dei presunti killer, ritenuti dagli investigatori vicini ai clan della Sibaritide, è il nonno Giuseppe Iannicelli, che si muoveva spesso in compagnia del nipote Cocò. A tre anni, il piccolo faceva la spola tra la casa dei parenti e il carcere in cui è detenuta la madre sempre per fatti di droga, settore in cui la famiglia Iannicelli è attiva da anni.
La dinamica è chiara: i tre sono stati prima freddati a colpi di pistola, compreso Cocò, e poi bruciati all'interno di una Fiat Punto ritrovata a Fiego, località del comune di Cassano allo Ionio il 19 gennaio del 2014. In alcuni articoli dell'epoca, si ipotizzò che Iannicelli portasse Cocò con sé come scudo, visti i conflitti con altri protagonisti dello spaccio di droga nella Sibaritide.
Questa possibilità è stata poi smentita dai famigliari, attraverso una lettera indirizzata ai giornali via fax. Nella lettera, la mamma di Nicolò scrive: "Ancora oggi dico come hanno potuto avere tutta questa cattiveria contro il mio piccolo Cocò. Una cosa chiedo agli assassini di mio figlio: come fanno a dormire la notte? Uno degli assassini è anche padre; come fa a guardare i suoi figli sapendo di aver ucciso un bambino innocente?."
La vicenda di Nicolò Campolongo, che avrà ulteriori sviluppi (gli investigatori stanno indagando su due complici), non è tuttavia la prima che coinvolge intenzionalmente o accidentalmente bambini in fatti di mafia.
"D'altronde," dice a VICE News Federico Varese, criminologo dell'Università di Oxford e studioso delle organizzazioni criminali, "di miti sulla mafia nel corso della storia se ne sono costruiti tantissimi: dal fatto che Cosa Nostra non si occupasse di droga, alimentato da Il Padrino, alla leggenda che non si dovessero uccidere donne e bambini."
Anche i dati sfatano il mito: secondo i numeri raccolti dall'associazione Libera, che VICE News ha potuto visionare, 85 vittime della mafia sono minorenni—di questi, ben 50 hanno perso la vita prima di compiere i 14 anni.
La leggenda secondo cui la mafia non "toccherebbe" i minori ha le sue radici durante lo svolgimento del maxiprocesso di Palermo
Il 7 ottobre del 1986, nel pieno del procedimento istruito da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, il figlio di un gestore del servizio di pulizia dell'aula bunker dell'Ucciardone viene ucciso con un colpo di pistola in fronte. È Claudio Domino, 11 anni: mentre gioca nel quartiere di San Lorenzo a Palermo, un uomo lo chiama per nome. Quando il bambino si volta, il killer gli spara.
La vicenda viene immediatamente ricondotta agli ambienti di cosa nostra. Claudio, infatti, sarebbe stato "testimone involontario" di un sequestro avvenuto nell'ambito di una guerra di mafia per il controllo dello stesso quartiere di San Lorenzo. Il giorno dopo l'omicidio, nell'aula bunker, prende la parola Giovanni Bontade, uno dei boss mafiosi coinvolti nell'indagine: "Non siamo stati noi ad uccidere Claudio. Noi condanniamo questo barbaro delitto, che provoca accuse infondate anche nei confronti di questo processo."
"Per la prima volta, pur di dissociarsi da quell'omicidio, cosa nostra ammette davanti a una corte di essere un 'Noi', quindi di essere una organizzazione. Senza dubbio quel passaggio ha contribuito alla costruzione della leggenda," spiega ancora Varese.
La storia giudiziaria dell'omicidio Domino non vira però verso gli ambienti di Cosa Nostra, e la pista iniziale sulla guerra al quartiere San Lorenzo svanisce. Il killer viene individuato in Gabriele Graffagnino, titolare di una rosticceria nel quartiere, e Domino - secondo gli atti della Corte d'Assise di Palermo - sarebbe stato ucciso perché avrebbevisto la mamma col suo amante. Graffagnino, appunto.
Graffagnino viene poi ucciso a sua volta, poco dopo, dal pentito Giovanbattista Ferrante. L'omicidio è stato commissionato da Totò Riina, che ai suoi uomini chiede di "scoprire gli assassini di Claudio Domino e scannarli." Per Giovanni Brusca, uno dei più importanti membri della mafia siciliana, quello di Gabriele Graffagnino è stato un "omicidio pedagogico."
Il "codice d'onore," insomma, è ribadito ancora una volta: non si uccide un uomo, meno che mai un bambino, senza l' autorizzazione del boss che controlla il territorio.
Il messaggio di Cosa Nostra passa. Eppure la stessa organizzazione, sette anni dopo, non esita a rapire e uccidere il tredicenne Giuseppe di Matteo, "reo" di essere figlio del pentito Santino di Matteo. Giuseppe diventa il bersaglio per mettere a tacere il padre: nel 1993 viene rapito, l'11 gennaio del 1996 viene strangolato e poi sciolto nell'acido.
"Era ridotto a una larva umana," raccontò Giuseppe Monticciolo, uno dei carcerieri del piccolo. Il tredicenne Di Matteo fu rapito con l'inganno da alcuni "picciotti" che si finsero agenti della Direzione Investigativa Antimafia. Per l'omicidio sono stati condannati gli esecutori materiali: tra questi anche Giovanni Brusca insieme alla commissione, ovvero l'organo direttivo, di Cosa Nostra.
Per lo stesso omicidio, viene condannato anche il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza.
Spatuzza chiede poi perdono ai genitori di Di Matteo—un perdono che la madre del bambino ucciso, Franca Castellese, non concede: "Non sono disposta a perdonare nessuno degli assassini di mio figlio, un bambino innocente che è stato sequestrato, torturato, oltraggiato anche dopo la sua morte. Come posso perdonare? Mi auguro che tutti coloro i quali hanno partecipato al sequestro e all'uccisione di mio figlio restino per sempre in carcere, a cominciare da quel 'mostro' di Giovanni Brusca."
Qualcuno dice che il codice d'onore delle cosche è cambiato, "ammettendo che mai sia esistito un codice in questo senso," puntualizza Varese a VICE News. Nella sola Calabria, si contano infatti sei vittime con meno di sedici anni, uccise - accidentalmente o meno - dalle organizzazioni criminali. Tra queste c'è Domenico "Dodò" Gabriele, undici anni, morto nel giugno del 2009 a causa delle ferite riportate durante una sparatoria avvenuta in un campo di calcetto a Crotone.
Anche in Puglia si scoprono particolari raccapriccianti sulla morte di Paola Rizzelli e della figlia di lei, Angelica. La morte di Paola, ex fidanzata del boss della mafia pugliese Luigi Giannelli, sarebbe stata voluta da quest'ultimo a causa della gelosia della nuova compagna. Paola viene uccisa da un commando mentre tiene in braccio la bambina, anch'essa freddata dalle pistole dei killer: il corpo della madre viene gettato in una cisterna, quello della piccola Angelica seppellito.
Il 17 marzo del 2014, sempre in Puglia - questa volta a Taranto - quindici colpi d'arma da fuoco uccidono Cosimo Orlando, la compagna Carla Maria Fornari e il figlioletto di lei, Domenico, tre anni non ancora compiuti.
"La barbarie dei mafiosi non conosce confini," ha detto nel 2014 il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti durante una delle giornate dedicate alle vittime innocenti della mafia. "Purtroppo abbiamo visto tanti piccoli uccisi dalla camorra, dalla 'ndrangheta e da cosa nostra. Spesso erano bambini che accompagnavano le vittime designate, trovatisi nella traiettoria di un conflitto a fuoco fra bande."
"Sono tanti i nomi che mi vengono in mente," ha spiegato Roberti. "È una barbarie che si ripete nel tempo: l'etica mafiosa non esiste affatto. Che la mafia non uccida i bambini è soltanto una diceria. I fatti degli ultimi vent'anni dimostrano il contrario."
Tesi dimostrata anche dalla morte di Valentina Terraciano, avvenuta a Napoli nel novembre del 2000. La bambina, dieci anni, cade sotto i colpi delle armi da fuoco indirizzati allo zio e al padre. Così anche le morti di Nunzio Pandolfi, due anni, e Fabio de Pandi, undici, finiti in mezzo ai regolamenti di conti tra i clan campani. Senza dimenticare il caso di Simonetta Lamberti, uccisa a Cava de' Tirreni il 29 maggio del 1982, mentre si trovava in auto con il padre, il giudice Alfonso Lamberti.
Rapimenti e uccisioni non riguardano certo solo il Sud Italia. Nell'elenco delle vittime risultano i casi di Paolo Giorgetti, Emanuele Riboli e Luca Cottarelli. Il primo rapito e ucciso durante la stagione dei sequestri dei clan calabresi in Lombardia negli anni '70, per la sola "colpa" di essere figlio di un noto imprenditore della Brianza in grado di pagare un riscatto; il secondo sequestrato, ucciso e dato in pasto ai maiali nel 1974; il terzo ucciso nella strage di Urago Mella, che ancora cerca giustizia nelle aule dei tribunali milanesi.
Il mito però continua: in tanti sono convinti che quel codice d'onore esista davvero. "Sono miti," conclude Federico Varese, "in parte prodotti dalle stesse organizzazioni criminali che cercano di creare consenso e rispettabilità. Dall'altra parte c'è invece la cultura popolare di cinema e letteratura, che la stessa mafia ha saputo cavalcare."
"Sui mafiosi - spiega il criminologo di Oxford - ci sono sempre stati due tipi di produzioni letterarie o cinematografiche: quelle che rendono la mafia ridicola, disgustosa, violenta e cercano di demitizzarla," oppure quelle come Il Padrino, "che ritraggono il mafioso buono e allo stesso tempo minaccioso, estremamente amate dalle organizzazioni criminali."
In quest'ottica, puntualizza Varese, "Puzo o Francis Ford Coppola non volevano di certo fare un favore alla mafia. Sta nella società saper metabolizzare e scindere esempi che arrivano dalla letteratura e dalla cinematografia, che rimangono grandi fonti per la costruzione dei miti riguardanti le organizzazioni criminali."
Contro gli stereotipi culturali, a contribuire al crollo delle dicerie c'è la realtà di questi giorni. Anche quando la mafia non uccide, infatti, si serve dei più piccoli per spaventare i propri bersagli.
Nel tentativo di intimidire l'imprenditore siciliano Gianluca Maria Calì, che ha denunciato più volte le minacce dei clan, due uomini hanno avvicinato la tata che si occupa dei due bambini - sei e sette anni - all'uscita dalla scuola elementare a Milano.
Gli uomini, a bordo di una Mercedes nera con i vetri oscurati, si sono avvicinati alla donna chiedendole se i piccoli fossero "i figli di Calì." Insospettita dall'atteggiamento, dalla strana richiesta e dalla voce del navigatore dell'auto secondo cui la vettura era "arrivata a destinazione", la tata ha negato, spiegando che si trattava dei suoi figli.
Tanto è bastato per convincere i due presunti mafiosi ad accelerare e andarsene, scomparendo rapidamente nelle vie di Milano. I falsi miti, però, sembrerebbero destinati a durare molto più a lungo.
Foto in apertura di Bindalfrodo con licenza Creative Commons CC BY SA 2.0
https://news.vice.com/it/article/la-credenza-comune-della-mafia-che-non-uccide-i-bambini-una-cazzata

La storia di questo multisala abbandonato riassume i problemi dell’Italia in un posto solo

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Di Francesco Floris

Panarea, Hawaii, Ischia, Formentera. Sono i nomi delle sale cinema del Magic Movie Park, il multiplex - con al proprio interno un mercato cinese all'ingrosso - abbandonato dal 2006.
Nell'idea originale il "maxi-bazar made in China" doveva diventare il secondo più vasto d'Europa. L'intera struttura avrebbe ospitato fino 3478 spettatori nelle 15 sale cinema e 200 commercianti del settore tessile, nel piano interrato.
Ad oggi, il Magic Movie Park è invece una cittadella fantasma di 21.515 metri quadrati nel cuore della Brianza, fra i comuni di Muggiò e Nova Milanese, lungo la ex strada provinciale che costeggia il parco Grugnotorto Villoresi.
Per via dei saccheggi da parte dei ladri di rame, al suo ingresso sono accatastate montagne di rifiuti, lamiere del tetto e cancelli sfondati. Dentro i locali si ha la sensazione che sia esplosa una bomba: per terra si trovano centinaia di confezioni da pop corn mai utilizzate.
Le bobine in cellulosa dei film sono srotolate sui pavimenti, accanto a cadaveri di topi morti rinsecchiti e vecchi cataloghi per gli acquisti in doppia lingua, italiano e cinese. Persino gli amplificatori delle sale cinema sono stati portati via, in quello che il Corriere della Sera ha definito nel maggio scorso "un luna park per teppisti."
Quella del Magic Movie Park è una storia assurda fatta di omicidi, 'ndrangheta, milionari cinesi in fuga dalla pena di morte, prestanome, imprese edili e società di calcio che nascono e falliscono in pochi mesi.
Il complesso è stato costruito fra il 2001 e il 2005, su dei vecchi terreni agricoli che fino al 1990 erano proprietà di Annamaria Casati—la nobildonna che negli anni Settanta ha venduto la villa di Arcore a Silvio Berlusconi.
La società che lo ha costruito, la Tornado Gest srl, era gestita da Felice Vittorio Zaccaria - immobiliarista calabrese di Sesto San Giovanni - e da sua moglie. Verrà poi ceduta a personaggi particolarmente noti alle cronache lombarde come Saverio Lo Mastro, imprenditore edile in affari con il figlio dello stesso Zaccaria e sopratutto socio in affari di Rocco Cristello, capo locale dell'ndrangheta di Seregno freddato con 26 colpi di pistola la notte del 27 marzo 2008 a Verano, durante quella che verrà ricordata come"Faida dei boschi."
L'attrazione esercitata da questa struttura per i personaggi più improbabili, però, non si esaurisce con le personalità di origine italiana. È nel 2005, infatti, che entra in questa vicenda anche l'imprenditore cinese Song Zhicai. Tutto materiale incredibile per una storia da film, da romanzo del crimine.
Meglio noto come Hi Zhou in patria, Zhicai era un imprenditore cinese scappato nel 1995 dal proprio paese in direzione Italia con in mano delle valigie piene di yuan e un'identità nuova di zecca, dopo aver truffato i clienti dell'impresa che dirigeva—la Harbin Dadi Industrial Group.
Nel 1999 Pechino ne ha chiesto l'estradizione, ma l'Italia si vede costretta a rifiutare temendo una condanna a morte—secondo l'ordinamento italiano, infatti, il nostro paese non è autorizzato a estradare chi rischia la condanna capitale nel paese che ne richiede il rimpatrio.
Alla fine, a chiusura di uno spettacolare cerchio, Song Zhicai si salverà dalla condanna emanata in patria grazie a un'interrogazione parlamentare firmata da 43 deputati e a una campagna stampa lanciata da Radio Radicale.
La cosa non lo salverà comunque dal carcere. Scontato qualche anno, una volta riottenuta la libertà Zhicai torna sul mercato "diversificando"– in un certo senso – i suoi investimenti.
Dapprima entra in affari con napoletani e altri connazionali, che stavano gestendo l'ormai fatiscente centro commerciale cinese dietro la stazione di Napoli Centrale, e un altro complesso di Roma. Ma non solo: quella stessa estate entra nell'azionariato della la Palmese, squadra di calcio di serie C2 sull'orlo di una crisi finanziaria, promettendo di risollevare le sorti del club.
I giornali cominceranno a paragonarlo avventatamente a Roman Abramovich, il finanziere russo che ha reso grande il Chelsea. Ma alla fine fallirà rovinosamente, senza rimetterci nemmeno un soldo di tasca propria.
Anche l'avventura napoletana durerà poco: nel 2005 Zhicai molla i soci campani e decide di investire con i calabresi della Brianza. L'idea, così come successo in Campania e a Roma, è creare un Cina-mercato milanese, nel piano interrato di un grande edificio fuori dal centro. È a questo punto che la sagoma del Multisala di Muggiò, grande e incombente, comincia a stagliarsi da lontano. Ed è a questo punto che le diverse storie che vi si sono annidiate al suo interno si incontrano.
Zaccaria, in quel momento, ha bisogno di denaro contante. E soprattutto di mostrare alla sua banca, la Unicredit Banca d'Impresa di Monza, un atto di compravendita del Magic Movie Park per poter ottenere un nuovo prestito da reinvestire in un altro multisala a Oggione.
Zhicai stacca un assegno da 2,1 milioni di euro di acconto ed entra in affari con Saverio Lo Mastro e Rocco Cristello. A quel punto non resta che riempire il mercato, convincendo alcuni negozianti cinesi di via Paolo Sarpi a spostarsi dal centro cittadini nella nuova costruzione: il prezzo per l'affitto di un locale da 30 metri quadrati sarà di 35.000 euro.
Il bazar cinese alla fine aprirà, ma durerà poco: Zhicai si "dimenticherà" di richiedere le autorizzazioni al Comune e di pagare quanto necessario e così, nel luglio del 2006, il Comune di Muggiò gli notifica una serie di ordinanze contro l'abusivismo e stacca la corrente elettrica al centro.
Dopo una settimana senza luce, i 170 commercianti cinesi del mall cinese si sentono truffati e assediano Song Zhicai per 24 ore dentro un bagno. Ne uscirà grazie a un'anonima telefonata che avvisa i Carabinieri di Desio. Ma i segni di quella rivolta sono visibili ancora oggi.
È la fine ingloriosa del faccendiere cinese, che finisce a processo assieme a tutti i soci delle operazioni finanziarie: Song Zhicai si salva dalle accuse di concorso in truffa e estorsione ai danni dei suoi connazionali, mentre per la Tornado Gest - dichiarata fallita nel 2008 con un buco da 57 milioni di euro - pagheranno i coniugi Zaccaria, che vengono condannati a cinque e quattro anni di reclusione. Saverio Lo Mastro e Stefano Firmano patteggeranno rispettivamente da quattro e tre anni di prigione per bancarotta fraudolenta.
Vengono invece tutti assolti dall'accusa di aver usato il multiplex come una ''lavanderia'' di denaro sporco della 'ndrangheta: per il riciclaggio non ci sono le prove, mentre si attende la sentenza di Cassazione che dovrebbe arrivare entro la metà del 2016.
La storia del multisala-centro commerciale di Muggiò, però, non si esaurisce tra arresti, cinesi inferociti e patteggiamenti a vario titolo, come una gigantesca e assurda metafora sullo stato del paese: Magic Movie è il nome della società che si doveva occupare della distribuzione e della proiezione dei film tramite un'altra società controllata, la Arco Program, ed è riconducibile alla famiglia De Pedys—magnati della cinematografia nel nord Italia, già gestori di oltre 70 sale sparse fra Lombardia, Liguria e Piemonte.
La sede della società è ubicata in un palazzone pieno di studi legali sito in Corso Venezia 61, a Milano. Raggiunto da VICE News, il portinaio che lavora lì da 20 anni giura di non conoscere affatto questo nome, ma di ricordare invece le visite di Walter De Pedys, membro della famiglia e rappresentante legale: è lui che il 25 ottobre 2004 richiede agli uffici SIAE di Monza le dieci carte elettroniche di attivazione per le biglietterie del multiplex.
Un anno più tardi, il 7 dicembre 2005, consegna tre di queste carte all'amministratrice unica della Magic Movie srl, Antonella Cavallo, all'epoca 21 enne, che risulta anche essere la domestica di Rocco Cristello—lo stesso boss della 'ndrangheta brianzola ucciso tre anni dopo, e in affari con chi stava costruendo il Magic Movie Park.
Secondo quanto scritto in una denuncia visionata da VICE News, è sempre Walter De Pedys che si presenta al Comando dei Carabinieri di Muggiò, il 16 dicembre 2005, per dichiarare lo smarrimento delle altre sette tessere di attivazione, insieme ai libretti fiscali per i sistemi di emissione titoli di accesso. Nel maggio 2006, però, i De Pedys escono completamente dal Magic Movie Park, cedendo le quote della loro società.
Ad oggi, il Magic Movie Park è un eremo disabitato e grigio nel deserto brianzolo. Negli ultimi dieci anni è stato il "piatto grosso" di numerose aste, che sono andate però tutte regolarmente deserte.
Troppo alta la cifra di partenza: si è iniziato chiedendo 30 milioni di euro, inclusa l'area parcheggio che è vasta quasi 40.000 metri quadri, fino ad arrivare agli attuali 3 milioni, circa un ventesimo del valore originale.
Negli ultimi mesi, sulla scrivania del sindaco di Muggiò sono arrivati diversi progetti di riqualifica: si pensa di ricavarne un outlet, una cittadella dello sport, addirittura un campus universitario. Tutti con l'obbligo rigoroso di non espandere il cemento nel parco circostante, ma solo con la possibilità di alzare i piani.
Lavori di ristrutturazione che però potrebbero costare troppo, e scoraggiare chi dovrà fare i conti coi debiti mai estinti dalle vecchie società fallite, e coi fantasmi di una storia da film all'interno di un multisala che sta marcendo. 
Foto di Francesco Brembati
https://news.vice.com/it/article/multisala-cina-brianza-magic-movie-park

BATTUTE AL VETRIOLO E COLPI BASSI FRA GIACHETTI E RAGGI

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DISFIDA CAPITALE - “TI VOTA ALEMANNO”, “A TE VERDINI” - BATTUTE AL VETRIOLO E COLPI BASSI FRA GIACHETTI E RAGGI: “UNA COSA CHE APPREZZO DEL MIO AVVERSARIO? AVER DETTO CHE NON ERA ALL'ALTEZZA DI FARE IL SINDACO” - GIACHETTI: “RAGGI INADEGUATA” 

Alla fine, spente le telecamere di "In 1/2 ora", i due neppure si salutano: è il segno che tra Raggi e Giachetti c'è tensione vera, quasi antipatia - L’apertura della Raggi sui Giochi non passa inosservata al comitato promotore Roma 2024: “Non ce l' aspettavamo - dicono - e ci fa piacere...”


Ernesto Menicucci per il “Corriere della Sera”

Una fugace stretta di mano in avvio (con Roberto Giachetti che si sporge sul tavolo e allunga la mano a Virginia Raggi, immobile al suo posto), il piccolo «fuorionda» di Lucia Annunziata, i due rivali che si danno del lei, una serie di battute al vetriolo.
RAGGI GIACHETTI ANNUNZIATARAGGI GIACHETTI ANNUNZIATA

Dall' inizio («finalmente - dice uno - un confronto, dopo una ventina di inviti», «io - dice l' altra - a quelli in città c' ero, lei no») alla fine, quando il vicepresidente della Camera, attacca la pentastellata: «Mafia Capitale, con Buzzi e Carminati, è iniziata con Alemanno sindaco. E Alemanno oggi sostiene voi».
 
GIACHETTIGIACHETTI
Raggi ribatte: «E allora Verdini, Bertolaso e Marchini?».
Controreplica: «Verdini non ha fatto il sindaco, Alemanno sì e la appoggia». Alla fine, spente le telecamere di In 1/2 ora , i due neppure si salutano: è il segno che tra Raggi e Giachetti c'è tensione vera, quasi antipatia.
 
Specialmente Raggi è sprezzante, fin da subito: «Una cosa che apprezzo del mio avversario? Aver dichiarato che non era all' altezza di fare il sindaco...». E sì che Giachetti era stato persino «galante»: «Cosa mi piace della Raggi? Be', chi decide di candidarsi ha una grande forza interiore. Ma mi preoccupano i suoi tentennamenti, ha detto finora più no che sì». E, inevitabilmente, il discorso va sulle Olimpiadi.
 
Argomento sul quale arriva l' ennesima capriola della Raggi, che era partita dal «no», poi ha virato su un «non abbiamo pregiudizi», era tornata sulla linea dura con un «sarebbe criminale farle», si era piegata all' idea del referendum e si era attestata, infine, su un «rinvio al 2028».
 
RAGGIRAGGI
E ora? «Le Olimpiadi possono essere un fattore di sviluppo, ma al momento abbiamo solo il documento del Cio. La prima decisione va presa ad ottobre (quando verrà presentato il secondo step del dossier olimpico, ndr) e vediamo: magari, se c'è un piano industriale serio....». Un' apertura, che non passa inosservata al comitato promotore Roma 2024: «Non ce l' aspettavamo - dicono - e ci fa piacere...».
 
Prima delibera da sindaco?
Raggi: «Un audit sul debito pregresso di 13 miliardi». Domanda di Annunziata: «Lei vuole ricontrattarlo o non pagarlo?». Risposta della candidata: «Entrambe le cose...». Di nuovo la conduttrice: «Qualcuno starà tremando nel sentirla...». E lei: «Forse quelli che hanno i privilegi». Il Pd si scatena: «Raggi non paga il debito, non può governare». Privatizzare Atac (trasporti) e Ama (rifiuti)? «Giachetti lo vuole fare. Per me devono restare pubbliche». Replica: «Non l' ho mai detto, basta balle».

GIACHETTI 12GIACHETTI 12
Ma in rete spunta una vecchia intervista di «Bobo», dove sembrava aprire ai privati. Raggi cita il caso del Centro ingrosso fiori «che non ha mai commercializzato fiori». Giachetti la punge: «Il Comune ne detiene il 10% e quella società serviva a trovare una sede per il mercato dei fiori...».

E l' Acea? «I vertici - dice Raggi - messi da Renzi sono quelli che stavano a Publiacqua a Firenze. I profitti sull' acqua vanno reinvestiti, come dice il referendum». Annunziata chiude: «È inutile che vi dica, vogliatevi bene». Il fair play non abita a Roma.
RAGGIRAGGIGIACHETTI RAGGIGIACHETTI RAGGI


























http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/disfida-capitale-ti-vota-alemanno-te-verdini-battute-vetriolo-126620.htm

ITALIA SVENDUTA. CINA ACQUISTA POSTE ITALIANE: SI CHIUDERÀ ENTRO OTTOBRE

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Salvatore


poste italianeUN ALTRO PEZZO DI ITALIA VIENE VENDUTO. POSTE ITALIANE DIVENTERÀ GIALLA NON SOLO NELL’INSEGNA MA ANCHE NELLA PROPRIETÀ
 Pechino si prepara a entrare nel capitale di Poste Italiane in occasione dell’Ipo che dovrebbe prendere il via il prossimo 12 ottobre. Un fondo sovrano cinese, forse China Investment Corporation People’s Bank of China (presente quest’ultima nel capitale di molte società italiane, come Eni ed Enel), è pronto a rilevare una quota, tra il 2 e il 5%, della società dei recapiti. L’interesse è stato espresso in occasione degli incontri che il management della società e le banche del consorzio di collocamento (Bancabili, BofAMerrillLynch, Citigroup, Mediobanca, UniCredit i global coordinator; UniCredit e Imi i responsabili del collocamento, Mediobanca lo sponsor. Rothschild è advisor finanziario di Poste Italiane, Lazard è advisor finanziario del Mef hanno avuto negli ultimi mesi con gli investitori, in particolare quello che si è tenuto a New York lo scorso 14 settembre.

Cina in crisi: deflusso senza fine di capitali da Pechino al resto del mondo

La motivazione del fondo cinese sarebbe più elevata rispetto all’apprezzamento manifestato da fondi sovrani di altri Paesi (arabi o nordeuropei) anche in considerazione della crisi che sta attraversando ora la Cina. L’esplosione della bolla speculativa sul mercato mobiliare locale sta spingendo i capitali cinesi fuori dai confini nazionali alla ricerca di rendimenti interessanti e di lungo periodo. Questa logica guida anche i fondi sovrani delpaese. La liquidità da investire in questo momento è abbondante e gli investitori sono alla ricerca di asset affidabili e redditizi.

Poste italiane viene visto come un asset stabile, solido e affidabile

La privatizzazione di Poste Italiane, con il suo valore simbolico anche in termini di capacità dell’Italia di mantenere gli impegni e di avviarsi verso una crescita stabile, costituisce – si legge su “Il Sole 24 ore” – uno degli obiettivi privilegiati sia per i fondi sovrani che per i fondi long term, soprattutto i grandi fondi pensione americani. Ma a una condizione: che la politica dei dividendi sia convincente. In quali termini? Deve avere quelle caratteristiche di sicurezza e redditività che, ad esempio, può esprimere un business regolato come il settore delle utility. Dunque, una cedola stabile e un dividend yield (ovvero il rapporto tra il dividendo per azione e il prezzo dell’azione) che sia nel range del 3-5 per cento. Poste Italiane alzerà il velo sulla remunerazione che intende garantire agli azionisti per il prossimo quinquennio nel prospetto informativo. Nelle prossime due settimane sarà serrato il confronto con l’azionista ministero dell’Economia per definire la politica dei dividendi.

http://segretodistato.com/italia-svenduta-cina-acquista-poste-italiane-si-chiudera-entro-ottobre/

DI CHI È IL VESTITO, ANZI IL CENTRINO, CHE KIM KARDASHIAN HA INDOSSATO AL COMPLEANNO DELL'EX COGNATO, OSCURANDOLO CON LE SUE PERE? DI ERMANNO SCERVINO

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ITALIAN PRIDE! DI CHI È IL VESTITO, ANZI IL CENTRINO, CHE KIM KARDASHIAN HA INDOSSATO AL COMPLEANNO DELL'EX COGNATO, OSCURANDOLO CON LE SUE PERE? DI ERMANNO SCERVINO, CHE VESTE ANCHE I CONIUGI RENZI - ECCO LA MADRE-MATRONA KRIS COL TOY BOY NERO, E KHLOÉ, FAMOSA PER LE LEZIONI DI POMPINO - IL TUTTO IN DIRETTA SU SNAPCHAT, PERE INCLUSE...

Era il 33° compleanno di Scott Disick, ex marito di Kourtney Kardashian, ma naturalmente tutti gli occhi erano per Kim, che si è presentata con un vestito di pizzo completamente trasparente, con la sorella Khloe, famosa per le sue lezioni di pompino in radio (che trovate qui)...


kim kardashian al compleanno di scott disick 6KIM KARDASHIAN AL COMPLEANNO DI SCOTT DISICK 6
Era il 33° compleanno di Scott Disick, ex marito di Kourtney Kardashian, ma naturalmente tutti gli occhi erano per Kim, che si è presentata con un vestito di pizzo completamente trasparente di Ermanno Scervino. L'esplosivo fisico della star dei reality era a malapena contenuto dal mini-dress, tanto che durante la diretta Snapchat si è più volte aggiustata il seno, naturalmente a favore di telecamera.

Nobu di Malibu si è trasformato in una caciarona festa di famiglia, tra la madre Kris che si è presentata con il suo toy boy, un bisteccone nero di 35 anni, e le varie sorelle e nipoti di Kim, tra cui la simpatica Khloé, famosa per aver dato lezioni di pompino in radio da Howard Stern.

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http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/italian-pride-chi-vestito-anzi-centrino-che-kim-kardashian-ha-125604.htm?utm_source=outbrain&utm_medium=widget&utm_campaign=obclick

FITNESS / Ballo e...mi passa

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Ballare fa bene : valzer, salsa, hip pop prevengono molte malattie. Diabete, ipertensione e osteoporosi. ma anche Alzheimer e Parkinson, perché aziona i neuroni oltre che il corpo.
I benefici in pista: contribuisce allo sblocco motorio, fluidifica i movimenti, ricordare passi e coreografie allena la memoria.
Il ballo coinvolge tutto il corpo aumentando fiato e resistenza. Ballare aiuta a rafforzare la struttura ossea: la sollecitazione attiva la produzione di nuovo tessuto osseo. Piroette sulla pista o sequenze di passi a ritmo veloce, vengono eseguiti con il baricentro ben centrato.
per il cuore diminuisce la frequenza cardiaca: aumenta l'afflusso di sangue in modo più vigoroso ma con più pause.
per l'ipertensione il movimento aerobico abbassa la pressione perché migliora la circolazione
per i disturbi intestinali migliora la digestione; il movimento favorisce il rilascio di ormoni che controllano il sistema nervoso autonomo e, a loro volta, gli organi interni.
agilità: distensioni, piegamenti, torsioni favoriscono l'elasticità dei muscoli.
forza: migliora la potenza perché i muscoli sono sollecitati in maniera continua.
Qualsiasi sia lo stile scelto è fondamentale per tutti, e soprattutto per chi soffre di patologie cardiovascolari, consultare il proprio medico o uno specialista prima di iniziare qualunque forma di esercizio fisico. La danza ha un impatto importante sulla regolazione della produzione degli ormoni dello stress. E 'consigliato a tutti; il dispendio di energia può essere anche molto elevato se gli allenamenti vengono condotti sotto la guida di tecnici esperti.
Brucia calorie con...
tango, mambo 350 kcal / hip pop 440 kcal / danza classica 450 kcal/ pole dance 500 kcal / balli latino-americani 500 kcal/ tecno disco 600 kcal / danze orientali 800 kcal.
La prossima volta che qualcuno vi invita a ballare...pensateci bene prima di dire no: potreste guadagnarci in salute. Qualsiasi stile scelto il beneficio per il corpo e per la mente è assicurato.



Massimiliano /  Stefano De Martino, il bravissimo  ballerino di Amici

BELEN SUPER SEXY SU INSTAGRAM: IL PARTICOLARE HOT SOTTO LA CANOTTIERA FA IMPAZZIRE I FAN

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Belen super sexy su Instagram: il particolare hot sotto la canottiera fa impazzire i fan

Belen Rodriguez super star su Instagram: la showgirl argentina sa come conquistare i suoi fan e anche questa volta non ha tradito le aspettative. La bellissima Belen appare in una foto sexy che ha alimentato la fantasia dei followers: appare in posa su un'automobile gialla. Indossa una paio di shorts che mettono in evidenza le sue gambe e una canottiera bianca scollata sotto la quale si può intravedere un capezzolo. L'immagine ha fatto registrare quasi 90.000 like, oltre a moltissimi commenti positivi da parte dei suoi fan.

belenrodriguezreal Verificato  
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VERTICALE IN GIARDINO E LATO B PERFETTO: CHI È LA MOGLIE DEL NOTO CALCIATORE?

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Verticale in giardino e lato b perfetto: chi è la moglie del noto calciatore?

Un fisico da urlo per Carolina Marcialis, la moglie di Antonio Cassano. In questi giorni è particolarmente attiva insieme a suo marito, sia in palestra (per far smaltire un po' di pancia al fantasista della Samp), sia sui social (per mostrare a tutti l'impegno e i risultati raggiunti). La signora Cassano ha lasciato letteralmente a bocca aperta i suoi fan pubblicando sul suo account Instagram una foto che mostra il suo fisico scultoreo: la Marcialis fa una verticale indossando un costume molto sgambato. Il lato b è da urlo e se ne accorgono i suoi fan che la riempiono di complimenti.

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Nanotecnologia nella coppa di Licurgo

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Nanotecnologia nella coppa di Licurgo

green Lycurgus cupLa coppa di Licurgo conservata al British Museum è una bella coppa del IV secolo che si pensa fu prodotta ad Alesandria o Roma, probabilmente coinvolgendo più botteghe di artigiani. È un coppa diatreta che significa che è costituita da un calice di vetro incastonato in un telaio esterno e decorato con una scena che ricorda la punizione di Licurgo da parte di Dioniso. Forse la caratteristica più interessante della coppa è la tecnica utilizzata per produrla che la rende molto particolare. Infatti il vetro dicroico scompone la luce a seconda della lunghezza d’onda e i colori vengono poi propagati direzioni diverse. Questo fa in modo che l’osservatore veda l’oggetto con colori cangianti. Infatti il vetro della famosissima coppa assume una colorazione diversa a seconda che,vuota, sia illuminata da davanti e in tal caso il colore è verde o dall’interno (quindi da dietro il vetro) e in tal caso assume una colorazione rossa. La spiegazione scientifica scoperta negli anni novanta esaminando un frammento del vetro è che gli artigiani di epoca romana impregnarono il vetro con particelle d’oro e argento piccole fino a 50 nanometri, circa un millesimo del diametro di un granello di sale da cucina. 
Uno scienziato dell’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign ha intuito che le caratteristiche cromatiche potevano dipendere non solo dal vetro, ma anche dalle caratteristiche del liquido contenuto nel calice. Non potendo utilizzare la coppa per fare esperimenti, ha avuto l’idea di utilizzare una superficie di plastica piccola come un francobollo irruvidita con miliardi di fossette che ha spruzzato con nanoparticolato d’oro o d’argento creando così una matrice costituita da miliardi di microscopiche coppe di Licurgo. I risultati sono stati notevoli perché si ottengono colorazioni diverse a seconda del liquido messo a contatto, per esempio olio oppure una soluzione zuccherina o salina d’acqua. La cosa veramente importante è che la sensibilità alla concentrazione delle soluzioni è 100 volte superiore a quella degli attuali sensori commerciali utilizzanti una tecnologia simile. La cosa potrebbe rivelarsi estremamente utile in futuro per costruire sensori medici di basso costo capaci di individuare patogeni nella saliva o nell’urina.
Nell’articolo viene messo in risalto il livello tecnico raggiunto dagli artigiani in epoca romana che vengono definiti pionieri della nanotecnologia e, aggiungo, indirettamente come ci sono voluti secoli e lo sviluppo di tutta una batteria di altre conoscenze parallele affinché una tecnica empirica usata per curiosità ed estetica fosse rivelata e si mostrasse potenzialmente utile per applicazioni ben più importanti. Questo succede anche in altri campi dove talvolta occorrono parecchi decenni per sviluppare una tecnologia utilizzabile e rivoluzionaria partendo da una scoperta o un’invenzione. Mi vengono in mente alcuni film o libri dove come fosse niente i protagonisti si mettono ad utilizzare e modificare in breve tempo, magari pochi anni, strani manufatti di origine aliena. Probabilmente le cose non sarebbero così facili, neanche se venisse fornito il manuale d’utilizzo già tradotto in inglese. Un parallelo più realistico e attuale è quello che è accaduto spesso nei decenni passati: una tecnologia avanzata data ad un paese arretrato può non essere gestibile dalla popolazione che non riesce ad utilizzarla o diventa dipendente dal fornitore del sistema. Offrire tecnologie del genere può non migliorare la qualità di vita della popolazione e addirittura causare altri problemi complicando la situazione che si voleva risolvere. 
                                                   Photo credit: Foter.com / CC BY-SA


https://solpicus.wordpress.com/2013/08/29/nanotecnologia-nella-coppa-di-licurgo/

La Tavola degli Dei. Dal Molise al British Museum, il mistero della Tabula Osca

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La Tavola Osca nota come “Tabula Angnonensis “ ritrovata in Molise nel 1848 ed oggi conservata al British Museum, bronzo con catena in ferro, III sec. a.C. - Ph. Jononmac46 | CCBY-SA3.0
Lato A della Tabula Osca nota anche come Tabula Agnonensis (Tavola di Agnone) ritrovata in Molise nel 1848 ed oggi conservata al British Museum di Londra, lamina in bronzo con catena in ferro, III sec. a.C. – Ph. Jononmac46 | CCBY-SA3.0
“…l’inventario dei loro Dei come una litania sacra nella quale sembra di poter cogliere risonanze ancora vive nei nomi di luoghi, di boschi”
Amedeo Maiuri
di Kasia Burney Gargiulo
Al 3° piano (galleria G69) del British Museum di Londra, in una vetrina condivisa con altri oggetti e non da sola come converrebbe ad un reperto archeologico di tale importanza, giace una lamina bronzea dallo spessore medio di circa 4 mm, 165 mm circa di base, un’altezza di 279.5 mm e 2332 gr. di peso. Si tratta della Tabula Osca, nota anche come Tabula Agnonensis (Tavola di Agnone), una tavoletta con iscrizione in lingua osca su entrambi i lati. Insieme alla Tabula Bantina e al Cippus Abellanus rappresenta una delle più importanti testimonianze esistenti dell’estinto idioma degli Osci, popolazione di origine indoeuropea insediatasi in ampia parte dell’Italia meridionale in epoca pre-romana e dedita alla coltivazione della terra e alla pastorizia. In Molise gli Osci finirono con fondersi coi Sanniti coi quali ebbero numerosi elementi di affinità.
La tradizione vuole che l’oggetto sia stato rinvenuto in una località agreste detta Fonte del Romito, in un podere appartenuto ad un certo Giangregorio Falconi, situato nelle vicinanze del Monte del Cerro, tra Agnone e Capracotta (Isernia), e coltivato dal contadino Pietro Tisone a cui si deve il ritrovamento della Tabula durante lavori di aratura nel 1848. Sottoposto alla visione dei fratelli Francesco Saverio e Domenico Cremonese di Agnone, già impegnati nello studio di resti lapidei ritrovati nella zona, questi dettero notizia del ritrovamento nel “Bullettino dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica” di Roma e riferirono del reperto bronzeo al noto storico ed epigrafista tedesco Theodor Mommsen che aveva da poco visitato il Sannio e le importanti vestigia venute alla luce. Trascorsero diversi anni e la Tavola di Agnone finì in possesso dell’antiquario romano Alessandro Castellani che la vendette nel 1873 al British Museum di Londra.
Tracciata in modo netto e profondo sulla superficie del bronzo, l’iscrizione è presente su entrambe le facciate della Tabulain 25 righe su quella principale e in 23 righe sul retro. La prima parte del testo descrive un sacro recinto dedicato a Cerere (dea della terra e della fertilità, nume tutelare dei raccolti) dove nel corso dell’anno avevano luogo, a scadenze stabilite, cerimonie religiose in onore di 15 divinità elencate nell’iscrizione. Si aggiunge inoltre che ogni due anni una cerimonia speciale aveva luogo presso l’altare del fuoco e che in occasione dei Floralia (festività primaverile di carattere agreste) nei pressi dello stesso santuario si celebravano sacrifici in onore di quattro divinità. Sul retro si precisa che al recinto sacro appartengono gli altari dedicati alle divinità venerate al suo interno.Vi si afferma inoltre che solo quanti pagano le decime sono ammessi al santuario, e quindi passa ad elencare, come in una sorta di inventario, le proprietà del santuario, le persone che possono frequentarlo e quelle che lo amministrano.
IL SACRO ELENCO DEGLI DEI
Húrtín kerríiín è l’espressione con cui è indicato il luogo sacro, tradotta come “orto sacro di Cerere”, laddove al termine húrtín sarebbe da porre in relazione il latino hortus e il nome di Uorte (cioè orto) col quale, secondo la tradizione locale, veniva anche denominata nell’800 la località Fonte del Romito, luogo dichiarato di ritrovamento della TabulaLe divinità menzionate (che con Cerere e Floraammontano a 17) sono da ricollegarsi all’agricoltura, al raccolto ed ai frutti della terra, come sottolineato dall’uso dell’epiteto Kerríiaís (‘cereale’, a cui forse non è estraneo l’attuale nome del vicinoMonte del Cerro) che compare accanto al nome di diversi fra gli dei citati (Kerres, ossia Cerere alias la greca Demetra; Vezkeí, identificato con Vetusco oppure Veiove; Evklúí Patereí,  ossia Euclo padre (Ade); Futreí Kerríiaí, Persefone figlia di Cerere; Anter Stataí, Stata Mater; Ammaí Kerríiaí, Maia, dea italica della primavera; Diumpaís Kerríiaís, ninfe delle sorgenti; Liganakdíkei Entraí, divinità della vegetazione e dei frutti; Anafríss Kerríiuís, entità delle piogge; Maatúís Kerríiúís, dea italica dispensatrice di rugiada per i raccolti; Diúveí Verehasiúí, identificato con Giove Virgator; Diúveí Regatureí, Giove Pluvio; Hereklúí Kerríiuí, Ercole; Patanaí Piístíaí, dea della vinificazione; Deívaí Genetaí, Mana Geneta; Pernaí Kerríiaí, Pales, dea dei pastori; Fluusaí, Flora nume tutelare dei germogli). Sotto la suprema egida di Cerere era dunque assegnato a questa schiera di divinità il compito di favorire la fertilità della terra e l’abbondanza dei raccolti.
Come ricorda l’archeologo Adriano La Regina nel volume “Abruzzo e Molise” (Guide archeo Laterza, Bari 1984), la tavoletta bronzea è stata ritrovata con il chiodo per l’affissione ancora conficcato in una pietra presumibilmente “crollata da un muro costruito con blocchi squadrati e legati con malta”.Secondo lo studioso ci troviamo di fronte alla rappresentazione di un ciclo cultuale agrario “collegato con il mondo infero”“L’elenco di divinità – spiega La Regina – non costituisce un generico pantheon italico, ma il particolare sistema cultuale di quel santuario, la cui area di influenza doveva essere limitata all’ambito paganico, o interpaganico, a cui apparteneva. Vi si celebravano annualmente solo i ludi Florales, certamente con rappresentazioni sceniche. Il carattere dei ludi concorda con quello agricolo dei culti. Il bronzo contiene quindi non una qualunque legge sacra, ma la legge sacra di quel santuario.”
L’ENIGMA DEL SANTUARIO  DI CERERE
A questo punto non è peregrino ipotizzare che nei pressi del luogo di ritrovamento della lamina di bronzo sia esistito un santuario dedicato a Cerere comprensivo di una serie di altari dedicati a varie divinità della fertilità, delle fonti, dei raccolti e degli armenti, a cui la popolazione sannitica si rivolgeva per impetrarne il favore. Ma proprio l’identificazione di questo luogo costituisce da tempo uno dei grandi enigmi legati alla Tabula Osca. Proprio agli inizi di quest’anno, Paolo Nuvoli e Bruno Paglione – rispettivamente un giurista con la passione per la storia e un Ispettore Onorario per i Beni Archeologici della provincia di Isernia – hanno riassunto nel volume Gli enigma. La Tavola Osca e Pietrabbondante i dubbi per anni maturati da molti in merito alla reale ubicazione del luogo di ritrovamento della Tabula. I due autori sostengono che le descrizioni del luogo date al tempo della scoperta non corrisponderebbero alle reali condizioni della località Fonte del Romito, dove non è stato ritrovato alcun santuario o recinto sacro, nè alcun muro dove la Tabula potesse essere affissa. Dopo varie argomentazioni i due autori hanno concluso indicando quindi in Pietrabbondante (Isernia), sede di un grande centro religioso e politico dei Sanniti, il luogo più consono ad un oggetto come la Tabula Osca, e a tal proposito sollecitano altre ricerche ed approfondimenti. Ma non finisce qui: Nuvoli e Paglione si dicono convinti che poco dopo il ritrovamento qualche raffinatissimo artigiano di Agnone abbia realizzato una copia perfetta della Tabula e che questa, non l’originale, sia finita nel 1867 nelle mani dell’antiquario romano Castellani per poi approdare, nel 1873, nelle sale del British Museum di Londra. Un’affermazione che sembra celare imminenti sorprese.
Intanto proprio pochi giorni fa il prof. Adriano La Regina, interpellato sulla questione del luogo del ritrovamento, si è detto invece convinto che la sede tradizionalmente indicata, cioè la Fonte del Romito a Capracotta, sia quella giusta, e sollecita in proposito una ripresa degli scavi nell’area: “Alla fine degli anni ’70 – spiega l’archeologo – sono stati condotti nella zona saggi di scavo mai completati, che sarebbe opportuno riprendere. Si tratta di un’area molto importante dalla quale sono già emerse strutture che, diversamente da quanto ritenuto in un primo momento, non hanno affatto carattere rurale, ma sono pertinenti proprio al santuario di Cerere. La prova sta nelle tegole degli edifici che recavano la stampigliatura “Ker”. E’ evidente che si tratta di materiale di copertura di un santuario pubblico.”
La vicenda si fa dunque sempre più intrigante. Non rimane che attendere nuovi sviluppi.
Bibliografia e sitografia:
– Loretta Del Tutto Palma, La tavola di Agnone nel contesto italico, Atti del convegno di studio: Agnone 13-15 aprile 1994, L.S. Olschki, Firenze, 1996
– Adriano La Regina, I Sanniti, in “Italia. Omnium terrarum parens“, Scheiwiller, Milano, 1989
– Adriano La Regina, Filippo Coarelli, Abruzzo e Molise, Guide archeo Laterza, Bari 1984
– Paolo Nuvoli, Bruno Paglione, Gli enigma. La Tavola Osca e Pietrabbondante, Edizioni del Chronicon, 2014
– Vast – Lab | Samnium Digital Archive v. Trascrizione del testo della Tabula e Bibliografia sull’argomento

http://www.famedisud.it/la-tavola-degli-dei-dal-molise-al-british-museum-il-mistero-della-tabula-osca/

Il mistero della Tavola degli Dei: spunta una seconda Tabula Osca, in mostra ad Agnone per un anno

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La Tavola degli Dei - Agnone (Isernia) in mostra dal 1° agosto 2015
La Tavola degli Dei, Agnone (Isernia) in mostra dal 1° agosto 2015
di Redazione FdS
Evidentemente il fatto era già noto a più persone se recentemente – come riportato dalla nostra Kasia Burney Gargiulo nel suo articolo sulla Tabula Osca –  Paolo Nuvoli e Bruno Paglione, nel loro libro Gli enigma. La Tavola Osca e Pietrabbondante, avevano “ipotizzato” che qualche raffinato artigiano di Agnone avesse realizzato una copia perfetta della celebre iscrizione in lingua osca su bronzo e che questa, non l’originale, fosse finita nel 1867 nelle mani dell’antiquario romano Castellani e quindi al British Museum di Londra sette anni dopo. E’ infatti sorprendente notizia delle ultime ore che una “Tavola gemella” sarà esposta al Palazzo Bonanni di Agnone (Isernia) dal prossimo 1° agosto in una mostra che farà discutere il mondo degli studiosi dell’Italia antica.
Un esemplare del tutto simile alla famosaTabula Osca, conosciuta nel mondo scientifico anche come Tavola di Agnone, risalente al III-II secolo a.C., sarà dunque protagonista di una esposizione dedicata al famoso reperto trovato nel 1848 presso Fonte del Romito in agro di Capracotta (Isernia) ed oggi conservato al British Museum di Londra, oggetto di innumerevoli studi da parte di archeologi e epigrafisti di tutto il mondo e giudicata fra i più importanti reperti linguistici dell’etnia italica. Senza dubbio il più importante mai trovato per la lingua osca e la religione dei Sanniti dei quali svela una gran parte del pantheon agreste.
COPIA PERFETTA O ORIGINALE?
Questa “seconda Tavola” è stata rintracciata presso i discendenti della famiglia di Vincenzo Paolo D’Onofrio l’orafo agnonese che nel 1863 vendette l’altro esemplare all’antiquario Castellani di Roma il quale a sua volta lo cedette al museo londinese nel 1873. La domanda al quale sono ora chiamati a rispondere gli esperti è se l’orafo agnonese vendette a Roma una copia fatta nel suo laboratorio trattenendo per sè l’originale, gelosamente conservato da quattro generazioni dei suoi discendenti, oppure il contrario. Ma l’ipotesi è anche un’altra: che la tavola in mostra ad Agnone possa essere un secondo originale. Il giallo, dunque, si fa sempre più coinvolgente.
Il prof. Adriano La Regina, primo studioso a cui è stato consentito di esaminare da vicino il reperto, si è dichiara ammirato dalla eleganza della scrittura osservata sul “nuovo” bronzo ma non si è pronunciato sulla sua antichità attendendo di esaminarlo più a fondo dopo le indagini scientifiche in corso presso l’Istituto Tecnologie applicate ai Beni Culturali del CNR di Roma.
Ovviamente ci si chiede come si sia arrivati a rintracciare questo secondo bronzo. Ebbene,  tutto è iniziato grazie a documenti conservati presso la Soprintendenza di Napoli e solo di recente scoperti ed esaminati dal curatore della mostra Nicola Mastronardi, giornalista, scrittore e responsabile della Biblioteca Labanca di Agnone. Leggiamo pertanto, qui di seguito, quanto scrive lo stesso Mastronardi nel presentare la mostra in programma ad Agnone:
– Il Dossier Maiuri 
Nel settembre del 2013 grazie alla segnalazione di Giuseppe Ciaramella, giovane avvocato di origine campobassana, torna alla luce un dossier sepolto dell’archivio storico della Soprintendenza archeologica di Napoli.  Si tratta di una cartella contenente un centinaio di fogli documenti fra lettere, verbali e fotografie, riguardanti una tavola di bronzo con iscrizione osca prima sequestrata poi restituita ad una famiglia di origine agnonese.
La documentazione, che va dal 1930 al 1936, non è altro che la cartella di Amedeo Maiuri (1886 – 1963), Soprintendente alle “Antichità della Campania e del Molise” e direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, uno dei più noti archeologi del Novecento. L’oggetto del carteggio, a dir poco, sorprendente:  il bronzo sequestrato era infatti l’esatta copia della c.d. “Tavola di Agnone” conservata dal 1873 presso il British Museum di Londra. Ma la sorpresa dello stesso Maiuri fu anche un’altra: la famiglia di Erasmo Amicarelli, proprietario della “seconda Tavola”, era diretta discendente dell’orafo agnonese Vincenzo Paolo D’Onofrio che cinquantotto anni prima aveva venduto la più famosa tra le epigrafi osche all’antiquario Castellani di Roma il quale l’aveva poi ceduta al museo londinese.
Copia o originale? Da dove veniva la “nuova” Tavola? Trovata da pastori al Monte della Macchia, come Erasmo Amicarelli  dichiarò più volte al Maiuri, ovvero riprodotta dal nonno di sua moglie – Vincenzo Paolo D’Onofrio, appunto – nel suo laboratorio agnonese?
Quesiti che appassionarono immediatamente il celebre archeologo il quale indagò a lungo e puntigliosamente cercando con ogni mezzo, ma inutilmente, di acquisire al Museo napoletano il reperto del quale ebbe a scrivere: “da un esame preliminare della tavoletta io traggo la quasi certezza della sua autenticità”.
- Un reperto da indagare e l’irripetibile occasione di osservarlo
Dalla scoperta dell’ incartamento napoletano nasce l’idea di una mostra permanente – che di certo mancava – dedicata alla Tavola Osca di Capracotta/Agnone, il più importante documento in lingua e alfabeto osci riguardante il pantheon agreste italico. La successiva, magnifica disponibilità della Famiglia Amicarelli – nipoti e pronipoti di Erasmo e attuali proprietari della tavola “gemella” – rende possibile addirittura  l’esposizione per oltre un anno dell’eccezionale reperto indagato dal Maiuri sul quale continuano gli studi da parte del Dipartimento Tecnologie applicate ai Beni Culturali del CNR di Roma che ha messo i suoi laboratori al servizio della scoperta della verità.
Oltre a permettere di osservare da vicino la “Tavola D’Onofrio–Amicarelli”, vero enigma che i curatori sottopongono al mondo archeologico italiano e internazionale,  la mostra fornisce al visitatore l’irripetibile occasione di avvicinarsi alla storia e alla cultura dei Sanniti e degli Italici attraverso la lingua, la scrittura e gli alfabeti da essi utilizzati fra il V e il I secolo avanti Cristo. Particolarmente consigliata a scuole di ogni ordine e grado, essa è affiancata da un apposito spazio laboratoriale nel quale gli alunni potranno dedicarsi ad apprendere l’arte della scrittura presso i popoli antichi con particolare riguardo all’area italica.
La mostra, infine, rappresenta il primo nucleo di un museo dedicato al bronzo di Fonte del Romito e alle altre importanti epigrafi dell’area italica che il Comune di Agnone e l’Aps Altosannio intendono far sorgere a palazzo Bonanni nell’ambito del “Centro Studi sulle antichità italiche”, cuore del progettato “Parco archeologico del’Altosannio”.
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Palazzo Bonanni, Agnone
Salita Martisciano
Inaugurazione 1° Agosto ore 17.00
Orari di apertura: Estivo (1 giugno – 15 settembre): Lunedì-Domenica ore 10.00 – 18.00 / Resto dell’anno: Sabato e Domenica, ore 10 – 18.00. Ogni giorno, su prenotazione, per gruppi e scolaresche
Info e prenotazioni: 0865 779173 – 77722 – 339 7893125
agnonebiblioteca@gmail.com


http://www.famedisud.it/il-mistero-della-tavola-degli-dei-spunta-una-seconda-tabula-osca-in-mostra-ad-agnone-per-un-anno/

FOTOGRAFA I LUOGHI PIÙ BELLI VISSUTI DAL SOMMO POETA. PUBBLICA SU INSTAGRAM… E VINCI UN VIAGGIO DI TRE GIORNI NELLE TERRE DI DANTE

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La Dante invita tutti gli appassionati di fotografia per giovedì 16 giugno ( ore 11.30) presso Palazzo Firenze (Roma) alla conferenza stampa di presentazione del concorso Instagram “CON VISTA CARCA DI STUPOR”  
 
Alla presenza di Maria Grazia Marini (Dirigente Servizio Turismo e Attività Culturali del Comune di Ravenna), Stanislao de Marsanich (Presidente Parchi Letterari®), Giuseppe Chicchi (Presidente Parco Letterario® Le Terre di Dante) e Attilio Moroni (Direttore Marketing e Responsabile Viaggi per Le Terre di Dante), verranno presentati questi due importanti progetti:
 
1) Il Concorso INSTAGRAM “CON VISTA CARCA DI STUPOR” (Purgatorio, XXIX Canto, v.57)            
Da lunedì 20 giugno 2016 partiranno un Concorso, con un premio finale, e un Progetto fotografico rivolti al mondo Instagram, organizzati dal Parco Letterario le Terre di Dante con la collaborazione del Comune di Ravenna, di Osservatorio Fotografico di Ravenna, del Gruppo Igers di Ravenna, di Galleria Bonobolabo e di Paesaggi Letterari Srl; con il patrocinio di Società Dante Alighieri e di Paesaggi Letterari Srl. Il titolo scelto per il Progetto, “Con vista carca di stupor” è tratto da un verso del XXIX canto del Purgatorio e allude allo sguardo impreparato e deliziato dell’anima di Virgilio che con Dante ha la possibilità di ammirare le bellezze dell’Eden.
 
Il Concorso
 
Da qualche giorno è attivo il nuovo account Instagram del Parco Letterario Le Terre di Dante. Per farsi conoscere e presentare le sue proposte al vasto mondo del social dedicato alla fotografia, il Parco ha deciso di indire un concorso, valido dal 20 giugno al 31 luglio a cui potrà partecipare chiunque sia iscritto a Instagram. Sarà sufficiente pubblicare nel proprio profilo una foto raffigurante i luoghi danteschi di Ravenna o della Romagna Forlivese con l’aggiunta di hastag #concorsoleterredidante. Le foto verranno valutate da una giuria composta da Stanislao de Marsanich, Presidente dei Parchi Letterari, Davide Marino per il Comune di Ravenna e Marco Miccoli per il gruppo Igers di Ravenna. Il migliore scatto verrà premiato con un viaggio di tre giorni nelle splendide Terre di Dante. 
 
“Madrina” del concorso è @laurinogram, Laura Gramantieri, fotografa nota e apprezzata nel mondo Instagram che ha accettato di partecipare al progetto e ha riempito per prima il profilo del Parco con una serie di fotografie della Ravenna dantesca, realizzando un “itinerario per immagini” di grande suggestione.
 
Il progetto e la mostra fotografica, CON VISTA CARCA DI STUPOR
 
Dopo @laurinogram altri fotografi “invaderanno” virtualmente il profilo Instagram del Parco. A partire dal 20 giugno, parallelamente al concorso, sette autori scelti da una commissione composta da Guido Guidi, Silvia Loddo e Cesare Fabbri di Osservatorio Fotografico e da Francesca Chicchi per il Parco Letterario le Terre di Dante, visiteranno alcuni luoghi della Romagna Forlivese e di Ravenna e scatteranno delle foto. Queste letture contemporanee di paesaggi caratterizzati da una forte identità dantesca saranno pubblicate nell’account @leterredidante fino al mese di settembre. Il patrimonio fotografico del Parco Letterario potrà così arricchirsi di immagini di qualità capaci di rappresentare le suggestioni e la bellezza del territorio. Per ciascuno degli autori coinvolti Guido Guidi e Osservatorio Fotografico selezioneranno cinque immagini che verranno esposte in una mostra collettiva a Ravenna, presso Palazzo Rasponi, nell’ambito delle iniziative del Settembre Dantesco. 
 
I fotografi che parteciperanno al Progetto: Nicola Baldazzi, Giammario Corsi, Alessandra Dragoni, Cesare Fabbri e Silvia Loddo per Osservatorio Fotografico, Fototeca Manfrediana  di Faenza, Marcello Galvani, Francesca Gardini, Adriano Zanni
 
(Mosaici di Ravenna)
 
Per informazioni:
Parco Letterario® Le Terre di Dante – Cell. 335 8181101 – 335 7120528
 
  
http://ladante.it/categoria-attualita/territorio-e-parchi-letterari/985-fotografa-i-luoghi-piu-belli-vissuti-dal-sommo-poeta-pubblica-su-instagram-e-vinci-un-viaggio-di-tre-giorni-nelle-terre-di-dante.html

DANTE ALIGHIERI POTREBBE ESSERE NATO IL 13 GIUGNO

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La data di nascita di Dante Alighieri non è stata individuata con certezza. La convenzione vuole sia nato tra il mese di maggio e quello di giugno del 1265. Si è giunti a questa approssimazione attraverso studi che hanno implicato diverse discipline, basati sui testi del Poeta, ma anche su fonti esterne e su dati indiretti, talvolta ricavati per deduzione. Dante fu battezzato il "26 marzo 1266, il giorno del Sabato santo in cui, secondo l'antica consuetudine ancora per molti anni in atto a Firenze, in una pubblica cerimonia che comportava grande concorso di folla tutti i fanciulli nati nell'ultimo anno venivano recati al fonte battesimale".
Gli studiosi della vita di Dante hanno ricostruito alcune informazioni indirette, a partire dal testo della Commedia, dalle fonti indirette e anche considerando che il segno dei Gemelli, nel 1265, attraversava l'orizzonte astronomico tra la metà di maggio e la metà di giugno.
"Da un complesso e minuzioso esame delle testimonianze interne ed esterne, scrive Giorgio Petrocchi in Vita di Dante, possiamo affermare con quasi assoluta certezza che Dante nacque in Firenze in un giorno tra il 14 maggio e il 13 giugno dell'anno 1265 (più probabilmente verso la fine del maggio), nella casa degli Alighieri nel popolo di S. Martino del Vescovo, di fronte alla Torre della Castagna, casa che era stata di Geri Del Bello, più tardi di Alighiero."
La 'Commedia'è ambientata nell'anno santo 1300, quando Bonifacio VIII indisse il primo Giubileo della storia. In quell'anno Dante si trovava 'nel mezzo del cammin' della sua vita. Aveva dunque 35 anni, se consideriamo la data del battesimo sopra indicata.
 
Per approssimare meglio il giorno esatto della nascita dell'Alighieri Petrocchi ragiona (capitolo II) sul "lume pregno di gran virtù", rifacendosi agli scritti di Marsilio Ficino. Secondo questa lettura, i pianeti 'benefici' o le tre Grazie sono "Sole, Giove e Venere. Gli influssi del pianeta Giove erano considerati dagli astrologi di grande aiuto negli studi filosofico-religiosi e nella ricerca della verità." Giove viene definito "la Grazia intermedia" e nel periodo in esame (giugno 1265) entra nel segno dei Gemelli il 7 giugno. Dunque sorge e tramonta con il Sole.
Deduce da ciò Petrocchi che "Dalla posizione effettiva dei pianeti ricaviamo [che] Giove è il lume pregno di gran virtù. 
 
O gloriose stelle ( Gemelli ), o lume pregno
di gran virtù ( Giove ), dal quale io riconosco
tutto, qual che si sia, il mio ingegno
con voi nasceva e s'ascondeva vosco
quelli ch'è padre d'ogni mortal vita ( Sole ),
quand'io sentì di prima l'aer tosco;.."
Escludendo però la data del 14 giugno in quanto Giove sorgeva in Gemelli ma tramontava nel segno del Cancro,il periodo della probabile nascita si definisce tra 7 e 13 giugno 1265.
Per precisare ancor meglio questa data il professor Giovanni Ferrero (Storia della scienza e delle tecniche alla Università di Genova) ricorre alla cosmologia e a calcoli che non si basano sul calendario ma sulla posizione del Sole e sul calendario lunare. Sintetizziamo le informazioni contenute nell'articolo http://www.cosmologia-arcaica.com/testi/cosmo/datnasc.html, cui si invita a fare riferimento per informazioni più approfondite.
Per capire di che cosa si tratta, ecco un esempio: il verso 112 del ventiduesimo canto del Paradiso indica la posizione del Sole nel segno zodiacale dei Gemelli. Sottraendo al numero del verso il numero del canto (112-22) si ottiene 90. Questo numero indica l'ultimo grado del segno dei Gemelli, ossia il 90° giorno dello zodiaco.
"Nell' anno 1265 il Sole entra in questo grado alle ore dieci del mattino del giorno 13 Giugno per uscirne alle ore dieci del giorno successivo. Dante è quindi nato tra le ore dieci del mattino e la mezzanotte del 13 Giugno 1265." Un altro calcolo del prof. Ferrero sul numero dei mesi lunari, a partire dal Natale di Cristo fino alla nascita di Dante, riconduce al citato verso 113 e al plenilunio di fine maggio 1265. Il metodo è spiegato qui.


http://ladante.it/eventi/celebrazione-anniversari/dante-alighieri/986-dante-alighieri-potrebbe-essere-nato-il-13-giugno.html

KTG: LA GERMANIA TREMA PER IL BREXIT

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 SAINT SIMON







spiegel

KeepTalkingGreece prende in giro il rinomato settimanale tedesco Der Spiegel che, nell’edizione speciale sul Brexit di questa settimana, esce con copertina in inglese (e prezzo ribassato in Gran Bretagna) per chiedere ai britannici di non lasciare l’Unione Europea. L’enorme differenza col trattamento riservato dal medesimo settimanale quattro anni fa alla Grecia indica una cosa soltanto: i politici tedeschi hanno paura del Brexit – a conferma di ciò il fatto che lo stesso Schauble sia volato a Londra per fare campagna a favore del Remain.
10-06-2016
Impressionante! Il settimanale tedesco Der Spiegel fa appello ai britannici, tredici giorni prima del referendum sul Brexit. Con una copertina in inglese: “PLEASE DO NOT GO! – Why Germany needs the British” [PER FAVORE NON VE NE ANDATE! – Perchè la Germania ha bisogno dei britannici, ndT]. L’edizione speciale col titolo in inglese sarà venduta nel Regno Unito ad un prezzo ridotto di 2 sterline (2,90 euro).
Il caporedattore del settimanale, Klaus Brinkbäumer, ha affermato che la parte centrale della rivista comprenderà diversi argomenti sul perché l’Unione Europea non può farcela senza la Gran Bretagna. “Il risultato è un appello toccante, oggettivo e forte allo stesso tempo, – e bilingue – al paese: per favore non ve ne andate”, ha detto oggi  in un comunicato il team editoriale.
L’articolo centrale descrive l’importante ruolo svolto dalla Gran Bretagna nel definire l’Unione europea e analizza l’impatto del Brexit sulla sicurezza dell’Europa, la sua capacità di combattere il terrorismo e il suo peso-geo-strategico.
Perché la Germania ha bisogno dei britannici? Perché a volte è “la dimensione che conta. Il Regno Unito non è la Grecia e non può essere ricattato dalla Banca Centrale Europea”, come ha notato un critico della zona euro, il giornalista italiano Alessandro Del Prete (@alexdelprete) su Twitter.
E perché, una volta che avvenga il Brexit, la Germania teme che con l’attuale euro-scetticismo altri Stati membri potrebbero vedersi costretti a tenere un referendum simile.

Il confronto tra due copertine dello Spiegel. A SINISTRA: la copertina dello Spiegel del 14.05.2012 – “Arrivederci Acropoli! Perchè la Grecia deve abbandonare l’euro”. A DESTRA: la copertina dello Spiegel del 11.06.2016 – “Per favore non ve ne andate!”
I tedeschi pregano in ginocchio il Regno Unito di non fare il Brexit. Questo ha a che fare con i legami tra la famiglia reale inglese e l’ufficialmente non più esistente ma ufficiosamente ancora molto onorabile nobiltà tedesca? No, ha a che fare con la paura che il Brexit potrebbe innescare il crollo dell’Unione.
Il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble ha già rilasciato un’intervista molto lunga allo Spiegel in cui ha elogiato la Gran Bretagna, “è una nazione leader”, ma allo stesso tempo l’ha avvertita che “non ci sarà nessun accesso al mercato unico per il Regno Unito post-Brexit.” La Germania fa le regole e gli inglesi hanno la possibilità di mettrvi fine.
Nel bizzarro modo col quale è diventata una tradizione nella UE, Schaeuble è perfino andato nel Regno Unito per intervenire nel processo decisionale… oh scusate! per fare campagna contro il Brexit.
SPIEGEL: Ministro Schäuble, sei l’unico politico tedesco importante che è andato in Gran Bretagna per fare campagna perché il paese rimanga nell’UE. Perché tutti gli altri si trattengono? Il sostegno tedesco non è benvenuto in Gran Bretagna?
Schäuble: Anch’io, naturalmente, mi sono chiesto se è utile per i politici tedeschi dire agli elettori britannici che cosa fare. Ho fatto la stessa domanda al mio omologo britannico, George Osborne, che mi ha chiesto di parlare della questione a Londra. Ha placato le mie paure, e così ho spiegato al pubblico inglese perché credo che sia meglio per la UE e per la Gran Bretagna se gli elettori votano contro il Brexit.
SPIEGEL: i sondaggi mostrano che l’esito del referendum del 23 giugno è completamente incerto. Se i britannici votano contro l’Unione Europea, il tuo progetto per ottenere un’integrazione sempre più stretta in Europa sarà sull’orlo del fallimento.
Schäuble: Spero e credo che i britannici alla fine decideranno contro il Brexit. L’abbandono della Gran Bretagna sarebbe una grave perdita per l’Europa.
Ma i tedeschi sono più indifferenti dei politici del loro paese.
In un sondaggio condotto dalla società demoscopica TNS per conto dello Spiegel, il 79% dei tedeschi è a favore della permanenza della Gran Bretagna nell’Unione europea.
Poco più del 50% degli intervistati ritiene che il Brexit non avrebbe un impatto negativo sull’economia tedesca, rispetto al 36% che pensa che la situazione della più grande economia europea peggiorerà. Il sondaggio, che ha coinvolto 1.025 persone, è stato condotto tra il 7 e l’8 giugno 2016.
PS: Come greco, non sono offeso dal fatto che Schaeuble vuole che il Regno Unito rimanga nella UE, mentre il suo piano per la Grecia dal 2011 è stato il Grexit. Critico soltanto che una cosiddetta rivista seria e rinomato sia uno strumento nelle mani dei politici. Proprio come il giornale Bild. La differenza è nello stile.

http://vocidallestero.it/2016/06/12/ktp-la-germania-trema-per-il-brexit/

GRAVE LUTTO PER GORDON RAMSAY, IL MESSAGGIO DELLO CHEF SU FACEBOOK

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Grave lutto per Gordon Ramsay, il messaggio dello chef su Facebook

Grave perdita per Gordon Ramsay, celebre cuoco irlandese e giudice di Masterchef America. Da poco lui e la moglie Tana Hutcherson avevano annunciato di aspettare un altro figlio, ma purtroppo la coppia ha perso il bambino al quinto mese di gravidanza. A comunicare il triste evento è stato lo stesso Ramsay con un post su Facebook: «Tana e io vogliamo ringraziarvi immensamente per il sostegno ricevuto nelle ultime due settimane. Abbiamo avuto un weekend devastante perché mia moglie, purtroppo, ha perso la bambina che aspettava. Era al quinto mese di gravidanza. Come famiglia ci stiamo riprendendo insieme, ma vogliamo ringraziare tutti per lo straordinario sostegno e i messaggi di auguri. Mi piacerebbe soprattutto che ringraziaste a nome mio lo straordinario team del Portland Hospital per tutto quello che ha fatto per noi».

Hi guys, Tana and I want to thank you so much for your support over the past couple of weeks. We had a devastating weekend as Tana has sadly miscarried our son at five months. We're together healing as a family, but we want to thank everyone again for all your amazing support and well wishes. I’d especially like to send a big thank you to the amazing team at Portland Hospital for everything they’ve done. Gx

I due, già già genitori di Megan (17 anni), i gemelli Holly e Jack (16 anni) e Matilda (14 anni), avevano accolto con grandissimo entusiasmo l'idea di un quinto figlio. Non si conoscono le cause che hanno causato l'aborto. 

http://leggo.it/news/esteri/gordon_ramsay_aborto_moglie-1794517.html

Lettera aperta al Ministro della Giustizia @AndreaOrlandosp #StopTortura

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AGGIORNAMENTO SULLA PETIZIONE

Lettera aperta al Ministro della Giustizia @AndreaOrlandosp #StopTortura

Ilaria Cucchi
Italia
13 GIU 2016 — Caro Ministro Orlando,

Ho lanciato questa petizione per l'introduzione del reato di tortura. In soli 5 giorni abbiamo raggiunto le 200mila firme e stiamo crescendo. E cresceremo ancora.

Quello che mi piacerebbe è consegnarla personalmente a lei.

Sarebbe bellissimo poterla incontrare il 26 giugno, giornata mondiale contro la tortura.

Io ci spero, ma comprendo i suoi numerosissimi impegni. Qualora lei non possa ricevermi, io ci tengo a consegnarle comunque simbolicamente la mia petizione, e la consegnerò il 24 giugno alle ore 10 presso il suo Ministero.

Con rispetto.

Ilaria Cucchi


https://www.change.org/p/contro-ogni-tortura-l-italia-approvi-la-legge-entro-il-2016-stoptortura-matteorenzi-andreaorlandosp/u/16917083?tk=JZeq5ppkdnymZoS3EaAMahgh_X9YkQ8oxOV2V1oC03Y&utm_source=petition_update&utm_medium=email

I gatti come stanno ora

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AGGIORNAMENTO SULLA PETIZIONE

I gatti come stanno ora

bruno marini
13 GIU 2016 — I gatti sono sempre curati da chi li ama, la Sovrintendenza per ora sta ferma e non fa nulla: purtroppo la grata è ancora lì e le aperture lungo le mura rimangono tuttora tappate. Che dire: uno schiaffo alla sensibilità romana, ma la gente vede e condanna e sono tante le persone che si recano a vedere ogni giorno questi meravigliosi animali. Animali continuamente fotografati dai turisti e che nobilitano un luogo, ormai svilito dall'incuria e dalla prepotenza di alcuni funzionari che pensano che i gatti siano un motivo di degrado: vi rendete conto come ragionano? E sono pure pagati da tutti noi.

https://www.change.org/p/comune-di-roma-gatti-eliminati-dalle-mura-aureliane/u/16916609?tk=E6tnBlFNCWsd130pwL8IA6LaDg2wPYc20NKXFCkpv-I&utm_source=petition_update&utm_medium=email
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